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Piero Angela nuraghe arzachena

Il ricordo di Piero Angela in Sardegna e la sua prima visita di un nuraghe

Il volto di Superquark visitò per la prima volta nella sua vita un nuraghe. Pochi pochi giorni dopo l’intervista Piero Angela aveva ammesso di non averne mai visitata una prima di allora.

Era il 2019 quando Piero Angela si trovava in Sardegna invitato a Porto Cervo per ricevere il premio speciale della giuria del Premio Costa Smeralda. Una esperienza unica per il conduttore televisivo che dichiarò: «ho visto tutto il mondo ma mai un nuraghe». Piero Angela, all’epoca 90 anni compiuti, ha potuto ammirare per la prima volta uno dei gioielli della civiltà nuragica, il complesso della Prisgiona.

L’area archeologica di La Prisgiona comprende il nuraghe complesso e il villaggio di capanne che si estende intorno ad esso. E’ situato su una sommità in regione Capichera, da cui si ha un’ampia visuale su un territorio di svariati chilometri quadrati. La posizione, le caratteristiche e la complessità delle strutture suggeriscono l’importante ruolo che questo insediamento doveva assumere nel territorio.

Il nuraghe è costituito da una torre centrale (il mastio), affiancato da due torri laterali; il tutto è protetto da un imponente bastione a cui si accede attraverso un corridoio curvilineo. Un ingresso architravato, sormontato da un finestrello di scarico conduce all’interno del mastio, dove su un breve atrio si apre una nicchia (a destra) e (a sinistra) la scala che porta al piano superiore dove probabilmente era presente un altro vano coronato da un terrazzo.

La camera interna è coperta a” tholos” (a falsa cupola) e raggiunge quasi i 7 metri di altezza. Tre nicchie disposte a croce ricavate nello spessore murario, erano forse destinate anche a momenti della vita quotidiana, come testimonierebbero alcuni reperti rinvenuti.

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All’esterno del bastione che racchiude il nuraghe, si trova un ampio cortile su cui si affaccia la Capanna delle Riunioni (C1) dove probabilmente si riunivano i personaggi di spicco della comunità.

La vita all’interno del villaggio

Gli oggetti ritrovati suggeriscono che nell’ambito di questi incontri si svolgessero anche rituali particolari, forse legati alla preparazione e alla consumazione di bevande particolari.

Oltre a numerose ciotole, un attingitoio e una piccola lucerna a barchetta che serviva ad illuminare l’ambiente, è stato ritrovato un vaso globulare di grande dimensioni, unico per la sua forma e per le decorazioni. Sul fondo del vicino pozzo profondo oltre 7 metri e ancora attivo, gli archeologi ritrovarono raffinate brocchette nuragiche. Il percorso prosegue all’esterno dell’antemurale, lungo i viottoli lastricati che attraversano due isolati composti da capanne circolari e vani.

Gli scavi archeologici hanno permesso di capire in base ai reperti ritrovati, che ciascuna capanna era destinata allo svolgersi di una specifica attività artigianale, come la fabbricazione, la cottura (C3) e il restauro della ceramica (C2), la lavorazione dei cereali, la produzione del pane (C10), quest’ultima testimoniata dalla presenza di un forno per la cottura.

L’approvvigionamento idrico, utile anche allo svolgimento di tali attività, era garantito da un piccolo pozzo- cisterna a cui era collegato un sistema di canalizzazione, ancora oggi visibile.

La vita del villaggio e del nuraghe di La Prisgiona abbraccia un lungo arco cronologico che va dal XIV sec. a.C. agli inizi dell’VIII sec. a.C., a cui segue diversi secoli dopo, una breve frequentazione in età romana imperiale (II-V sec. d. C.).

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