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Anniversario della morte di Antonio de Curtis, in arte Totò.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani si propone di ricordare il 54° anniversario della morte di Antonio de Curtis, in arte Totò, (15 aprile 1967) grandissimo interprete delle scene italiane.

Sono passati 54 anni dalla morte di una delle più celebri icone italiane: Antonio de Curtis, in arte Totò.
L’arte di Totò va veramente al di là del semplice talento comico. Nei giochi di parole, nell’impareggiabile mimica facciale, negli scatti di una marionetta esasperata e nelle trovate scoppiettanti e imprevedibili, spesso aleggiava tutta la malinconia di un uomo che sapeva ridere di sé stesso e dei propri simili.

Totò era un nemico dei “caporali”, di quelle persone che abusano del proprio ruolo per umiliare e vessare il prossimo. Aveva rischiato conseguenze serie durante le sue rappresentazioni teatrali quando sbeffeggiò Hitler e Mussolini. Chi ha conosciuto le privazioni sa che spesso derivano dall’avidità di alcuni: caporali grandi e piccoli.
Io odio i capi, odio le dittature… Durante la guerra rischiai guai seri perché in teatro feci una feroce parodia di Hitler. Non me ne sono mai pentito perché il ridicolo era l’unico mezzo a mia disposizione per contestare quel mostro. Grazie a me, per una sera almeno, la gente rise di lui. Gli feci un gran dispetto, perché il potere odia le risate, se ne sente sminuito”, diceva.


Il buon senso di Totò può sembrare spicciolo e popolano eppure raggiunge grande densità di significato, e, senza essere mai volgare, racconta con verità come funziona il mondo.
Chi dice che il denaro non fa la felicità, oltre a essere antipatico, è pure fesso.
Il denaro fa la guerra, la guerra fa il dopoguerra, il dopoguerra fa la borsa nera, la borsa nera rifà il denaro, il denaro rifà la guerra.
In guerra sono tutti in pericolo, tranne quelli che hanno voluto la guerra.
“Mi sembrate annoiato. Ma come, non è bello essere duca?”. “Sì, ma… sapete com’è: è una carriera senza avvenire
””. (Totò, I due orfanelli, 1947)


Totò aveva compreso che quando c’è una guerra, solo i potenti ne gioiscono. È una grande verità. Infatti grandi sono gli interessi di chi si arricchisce vendendo, producendo e acquistando armi. Tuttavia, nonostante il cinismo di facciata, il principe concedeva qualche opportunità ai suoi simili, riconoscendo che i peggiori sono pochi. Il punto è che non dovrebbero arrivare al potere e quando si è in condizioni economiche disagiate è difficile esercitare responsabilmente il proprio diritto di voto.

Gli aforismi più celebri

Riportiamo qui alcune delle sue frasi più celebri e amate.


A volte è difficile fare la scelta giusta perché o sei roso dai morsi della coscienza o da quelli della fame”. (Totò, La banda degli onesti, 1956)


L’umanità io l’ho divisa in due categorie di persone: uomini e caporali. La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali per fortuna è la minoranza”. (Totò, Siamo uomini o caporali?, 1955)


Do ut des, ossia tu dai tre voti a me, che io do tre appalti a te.
Gli elettori, ingenui fessacchiotti, creduloni. Pensate un po’ che votano i candidati nella speranza che quelli, una volta arrivati a Montecitorio, facciano il loro dovere.
Democrazia significa che ognuno può dire tutte le fesserie che vuole.
Siccome sono democratico, comando io.
Italiani! Elettori! Inquilini! Coinquilini! Casiliani! Quando sarete chiamati alle urne, per compiere il vostro dovere, ricordatevi un nome solo: Antonio La Trippa. Italiano! Vota Antonio La Trippa! Italiano! Vota La Trippa!
[Voce dal cortile] …sì, ar sugo!
”” (Totò, Gli onorevoli, 1963)


Tu qua’ Natale…Pasca e Ppifania!!! / T”o vvuo’ mettere ‘ncapo…’int’a cervella / che staje malato ancora e’ fantasia?… / ‘A morte ‘o ssaje ched”e?…è una livella”. (Totò, ‘A livella, 1964)

About Giulia Demuru

Studentessa presso l'Università di Cagliari - Filosofia e teorie della comunicazione

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