Alexa Unica Radio
Unica Radio

Riemerge la stampa di “America e Sardigna”

“America e Sardigna” la rara poesia in sardo nuorese creata da Maria Grazia Deledda con traduzione in italiano

Sfogliando un volume collettaneo di autrici italiane del 1894, intitolato “Albo d’oro”, si ha la sorpresa di trovare una poesia in sardo di Grazia Deledda, “America e Sardigna”, con traduzione originale in italiano, datata Nuoro (Sardegna) febbraio ’93 (vedere nella foto). Poesia e traduzione non erano sconosciute. Nel 2004 Massimo Pittau, ricavandole dalla foto dell’autografo riprodotta nel catalogo n. 35 della libreria LIM Antiquaria di Lucca, ne dava notizia nel breve scritto Inedita poesia sarda di Grazia Deledda. Ora ci piace comunicare che il presunto inedito ebbe invece l’onore delle stampe.

Un mosaico Il ritrovamento permette di contestualizzare il gesto letterario per meglio comprenderne ragioni e senso. “L’Albo d’oro”, «un mosaico nel quale ogni nostra scrittrice volle incastonare un gioiello» (spiega il curatore Di Properzio), era destinato, forse in una proto-edizione, alla Esposizione universale Colombiana svoltasi a Chicago fra maggio e ottobre 1893. G P di Properzio – così la firma sotto la foto che lo ritrae ad apertura di libro – è quasi uno sconosciuto. Ricercando un po’, si potrebbe però identificare in Giovanni Pietro Di Properzio, nato a Torre de’ Passeri nel 1861.

La lettera

Da una lettera della Deledda ad Angelo De Gubernatis (13 febbraio 1894) si apprende che la scrittrice tenne corrispondenza con il letterato abruzzese. Così si scopre che la copia dell’ “Albo d’oro” inviata dal curatore alla nostra autrice è rimasta a Nuoro (Biblioteca Satta), e reca la dedica: «All’Illustre Signorina Grazia Deledda / rispettosamente / G.P. di Properzio». Profilo Nel 1894 Di Properzio tracciò anche un profilo della Deledda nella rivista “Natura ed Arte” di De Gubernatis (15 settembre). Proprio quest’ultimo potrebbe essere stato il tramite del coinvolgimento della Deledda nell'”Albo d’oro”, pensabile come ideale continuazione al femminile di un’operazione editoriale da De Gubernatis curata in occasione dei 400 anni dalla scoperta dell’America: l’Albo di onoranze internazionali a Cristoforo Colombo (1892). Questo primo «albo» non conteneva che pochissime voci di scrittrici nella sezione riservata ai letterati italiani. Giunge così il nostro Albo a colmare la lacuna.

A Chicago Alla World’s Fair di Chicago la raccolta affiancò il libro sull’arte dei merletti italiana curata da Cora Slocomb. Da una lettera della Deledda a Provaglio (18 gennaio 1893) s’intuisce che si tentò di coinvolgerla già in quest’altro progetto, ma lei declinò l’invito, esprimendo ironico disappunto. Senz’altro più nelle corde della giovane scrittrice fu la richiesta di un lavoro letterario, ed eccola quindi prodursi nei versi di America e Sardigna. L’offerta è coraggiosa per opzione linguistica: l’autrice appena emergente affida alla manifestazione globale americana un messaggio nel limbazu del piccolo popolo sardo, nella sua lingua madre nient’affatto dotata di prestigio fuori dell’Isola. Ed è il limbazu stesso a farsi messaggero personificato: ambasciatore oltreoceano di una terra incastonata nel mare del vecchio mondo, che attende ancora d’essere conosciuta, quattro secoli dopo la “scoperta” del nuovo mondo.

La patria

La rivelazione della Sardegna, patria mea, è una missione di buona parte dell’arte deleddiana. Ancora nel 1893, la esploratrice del folklore nuorese, prossima collaboratrice della Rivista delle tradizioni popolari italiane, ribadiva il gioco paradossale fra l’antica, inesplorata Ichnusa e la scoperta dell’America: «la Sardegna aspetta tuttora il Cristoforo Colombo che la scopra e la tragga dall’oscurità in cui vive» (lettera dell’8 maggio alla rivista cagliaritana Vita Sarda). Sardità “America e Sardigna” dice questo e tanto altro.

Parla di una scelta di autenticità; riafferma che il senso di appartenenza a una «patria» va letto in Deledda nel segno della sardità, di una sardità tutt’altro che passatista; rivendica l’esistenza (ignorata) di un singolare idioma neolatino (di lì a poco, la studiosa delle patrie lettere scriverà per «Natura ed Arte» un articolo sulla poesia sardo-latina del settecentesco Matteo Madau); mostra esperienza nella lingua letteraria sarda, il logudorese, qui commisto al nuorese nativo (secondo una formula di compromesso usata da coetanei compaesani come Pasquale Dessanai).

E nella forma trova l’incastro fra colto e popolare, innestando nelle quartine rimate nei versi esterni l’assonanza dei versi interni; quell’assonanza appresa su talune battorinas della tradizione orale. Pittau non avvertì questa finezza artigianale, rilevando mende e dando valore poetico nullo alla «poesiola» della illustre concittadina. Sia concesso dissentire; come sia permesso esprimere il rammarico perché America e Sardigna non sia stato il primo passo di un cammino artistico bilingue, che forse avrebbe giovato alla fortuna della poesia in sardo, magari toccando le vette liriche raggiunte in Spagna con il galiziano da una Rosalía de Castro, per stare nel club esclusivo delle letterate grandissime.

About Irene Pes

Studentessa in Scienze della comunicazione. Amo tutto ciò che riguarda le tradizioni della mia terra. Adoro viaggiare, ascoltare musica, catturare momenti indimenticabili e scoprire cose nuove. Mi prendo cura di me stessa andando in palestra e negli anni con le mie esperienze lavorative ho acquisito molta creatività, tenacia e abilità comunicative.

Controlla anche

Riccardo Gazzaniga incontra il pubblico di Éntula a Sassari

Martedì 30 aprile presentazione della raccolta di racconti “Quello che non dicono” edita da Rizzoli …