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Via libera della legge sulla lingua sarda

La non impugnazione della legge sulla lingua sarda da parte del Governo non deve sorprendere : si tratta di una legge tecnicamente ineccepibile, frutto di un lavoro particolarmente attento del Consiglio e degli uffici durato più di due anni.

Il via libera di ieri, invece, la legge sulla lingua sarda  fornisce l’occasione per affrontare alcuni temi fondamentali, rimasti in qualche modo in ombra durante l’approvazione a causa del tritacarne mediatico sullo standard – in verità, creato pretestuosamente e strumentalmente ad arte – e per smentire alcune ricostruzioni fantasiose molto simili a fake news che stanno cominciando a circolare sul web.

Preme sottolineare, infatti, che la decisione del Governo è squisitamente tecnica e rappresenta l’esito di numerose interlocuzioni intervenute nel mese di agosto tra le strutture del Ministeri (in particolare, Mef, Interni e Istruzione) e i nostri uffici, interlocuzioni che seguono normalmente l’approvazione di una legge regionale. Lo Stato lamentava più di una lesione delle proprie competenze: in particolare, hanno suscitato perplessità alcune disposizioni “forti” sul sassarese, tabarchino e gallurese (che non sono riconosciute a livello statale), diverse norme relative all’istruzione (ad esempio, quelle sull’insegnamento della storia sarda ma non solo) e la parte dedicata alla cartellonista e toponomastica (che secondo il Ministero, avvicina la Sardegna ad un modello di bilinguismo perfetto non contemplato dal nostro Statuto). Tutti rilievi contestati in punta di diritto dai nostri uffici, accolti come soddisfacenti dai Ministeri e rimasti, per l’appunto, su un piano eminentemente tecnico.

Sotto il profilo politica non si può non sottolineare come questa legge spinga al limite le competenze statutarie senza sfociare nel velleitarismo o nella propaganda. E non si può tacerne il carattere fortemente innovativo di alcuni punti in essa contenuti: basti pensare all‘introduzione del sardo nei concorsi pubblici, alla stessa cartellonistica, al principio “dell’intero ciclo scolastico” introdotto per l’insegnamento del sardo, alla rivoluzione sugli sportelli linguistici, al settore dei media, delle televisioni e del web.

Insomma, la Sardegna può vantarsi di aver approvato una delle pochissime (forse l’unica) legge sulla minoranze non impugnata dal Governo, destinata probabilmente a divenire un modello a livello nazionale (almeno fino alla modifica dello Statuto).

Ora bisogna darle puntuale attuazione – visti i numerosi adempimenti affidati alla Giunta regionale – e risorse umane, finanziarie e strumentali adeguate, a cominciare dall’istituzione di un servizio appositamente dedicato.


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