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Cave e lavorazione del marmo: gli studi sul bacino di Orosei

Dal convegno tenutosi a Ingegneria, indicazioni di rilievo sull’uso degli sfridi, sul settore delle pietre ornamentali e le attività minerarie in Sardegna nel bacino di Orosei.

INGEGNERIA DI QUALITA’. Aperto da Corrado Zoppi, presidente della facoltà di Ingegneria e architettura dell’Università di Cagliari, il convegno tenutosi nell’aula magna “Mario Carta” di via Marengo, sul tema “La valorizzazione delle risorse lapidee: un uso economico degli sfridi” nel bacino di Orosei, è stata una proficua occasione di confronto tra specialisti, addetti ai lavori ed esperti del settore. I lavori sono intervenuti anche Giorgio Massacci (direttore Dicaar-Dipartimento ingegneria civile, ambientale e architettura) e di Giuseppina Vacca (Ordine ingegneri, Cagliari).

BERSAGLI SCIENTIFICO-ECONOMICI. Durante i lavori sono stati presentati i risultati ottenuti nell’ambito del progetto di ricerca: “Riduzione delle discariche di lavorazione del marmo mediante la valorizzazione del CaCO3”, finanziato dalla Regione (legge 7/2007, annualità 2013). Sono stati mostrati alcuni particolari usi degli sfridi, provenienti dal bacino marmifero di Orosei, in processi di produzione ad alto valore aggiunto. Ma non solo. I ricercatori hanno presentato anche la situazione generale delle rocce ornamentali e dell’attività mineraria. “Il settore delle rocce ornamentali comprende tutta una serie di sotto-settori, che studiamo in stretta collaborazioni con istituti scientifici, aziende ed enti. Peraltro – ha detto Nicola Careddu, anima dei lavori, responsabile del progetto e docente al Dicaar – a breve verrà siglato un accordo di programma tra il nostro dipartimento e la Confindustria Marmomacchine”. Ovvero, accademia e territorio a braccetto. Sulla ricerca, è intervenuta Graziella Marras: “Gli sfridi del distretto marmifero di Orosei hanno ottime caratteristiche anche per i prodotti per l’edilizia. Inoltre, abbiamo dimostrato la fattibilità tecnico economica dell’uso dei materiali finissimi nella produzione di pneumatici e vernici” ha spiegato la ricercatrice del Dicaar, autrice dei test sperimentali. Di fatto, gli sfridi delle attività di cava e di successiva trasformazione della pietra, sono recuperabili e riusabili. “Il materiale può raggiungere buoni valori di mercato ed essere impiegato nella produzione di prodotti ad alto valore aggiunto. Inoltre, si riduce il materiale da portare a discarica, soluzione attuale non compatibile con il concetto di sviluppo sostenibile” ha rimarcato l’ingegner Marras. “Il Raw material initiative dell’Unione Europea, ripreso anche nel decreto “del fare” del governo Renzi, sull’approvvigionamento di materie prime, ci ha spinto a lavorare in questo senso. In Europa e nei Paesi avanzati – ha rimarcato il professor Careddu – si punta su un’economia circolare tesa a preservare le risorse valorizzando le scorte materiali esistenti”.

IL TEAM. Con i ricercatori del Dicaar sono intervenuti ai lavori e hanno collaborato agli studi l’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria (Igag) del Cnr, i partner del progetto (Simg-Sardo italiana marmi e graniti e Sardegna marmi di Orosei, Mediterranea progetti e finanza di Cagliari). Durante lo sviluppo della ricerca, la collaborazione si è estesa anche alle aziende Marangoni Pneumatici di Frosinone e Edichem di Elmas. Tra gli interventi al convegno, quelli di Roberto Peretti (primo ricercatore Igag), del docente Giampaolo Siotto (autore del progetto della prima cava aperta a Orosei nello storico distretto del marmo) e di Marco Fuccello (direttore generale Sardo italiana marmi e graniti, presidente settore lapideo Confindustria Sardegna centrale). “Ci è spiaciuto non fossero presenti alla presentazione del progetto i delegati della Regione” ha concluso Nicola Careddu.

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