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Archeologia ad Uta: il capotribù di Monte Arcosu fa rientro a casa

A Uta rientra il bronzetto raffigurante un capotribù per un giorno, nella sala del Consiglio Comunale in Piazza S’Olivariu

A Uta è tornato per un giorno il bronzetto raffigurante un capotribù. E’ stato esposto al pubblico secondo la filosofia che anima questa nuova iniziativa dell’Archeologico. La giornata sarà aperta dal sindaco Giacomo Porcu. A seguire gli interventi di Fausto Pani (geo pedologo) Federico Corona (agronomo), don Roberto Maccioni (parroco di Uta), Maria Passeroni (Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio), Francesco Muscolino, direttore del Museo archeologico nazionale di Cagliari e Maria Antonietta Mongiu (del Cda del Museo) a cui abbiamo chiesto di raccontarci la storia dell’importante bronzetto. Una lunga storia campeggia nel Museo archeologico nazionale di Cagliari, ma pure nell’immaginario dei Sardi. Lo hanno chiamato Capotribù e viene dai monti di Uta.

Il bronzetto

Bronzetto tra i più importanti, soprattutto per il carisma conquistato in 174 anni. Comparve con altri bronzi, figurati e d’uso, a giugno del 1849, a Francesco Pinna. Il Capotribù di Uta fu da subito, anche un’attrazione, nella moltitudine di bronzi figurati che fa dire a Spano: “che era più facile incontrare un Dio che un uomo”. Tra i tanti che affascinò, con i lingotti di rame, come non ricordare Heinrich Schliemann che giunge a Cagliari il 29 maggio 1864 dopo un burrascoso viaggio da Livorno, passando per La Maddalena, a Cagliari, che non gli piacque. Visitò il Museo, quando la sede fu spostata a Palazzo Vivanet. Da notare l’interesse di Schliemann per bronzetti e pani ox-hide di tipo egeo che aveva già visto nei luoghi micenei.

L’esposizione a Uta

Il Capotribù ieri ha lasciato Il Museo archeologico nazionale per un giorno, e tornerà nei luoghi dove, probabilmente, è stato realizzato, tra X-VIII secolo a.C., da un raffinato metallurgo o, comunque, dove è stato occultato per secoli. Il demiurgo volle rappresentare un personaggio con doppia tunica che, nella mano destra, impugna una spada a lama larga e nella sinistra un bastone nodoso. Dotato di un mantello con due lembi sfrangiati, mostra nella bandoliera un pugnale ad elsa gemmata con fodera dai disegni a spina di pesce. Un antenato da celebrare in un sacrario? Chissà. Oggi è un reperto che vuole essere protagonista, con gli altri, della volontà del Museo di riannodare relazioni con le comunità nel cui territorio la sorte ha voluto rinascesse per diventare patrimonio di tutti. Uta viene dopo Bultei, Vallermosa, Decimoputzu, Barumini. A seguire molte altre comunità.

About Marco Atzeni

La musica è stata sempre la mia passione principale. Suono diversi strumenti, mi piace molto sperimentare ispirandomi ai miei ascolti ma non esclusivamente. Un'altra passione forte è la cinematografia, le tecniche e il suo linguaggio specifico.

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