Il 14% dei fumatori adulti convive con una forma di disabilità, il doppio rispetto ai non fumatori, Un rischio sottovalutato
Uno studio pubblicato sulla rivista Tobacco Control, curato dai Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, ha evidenziato un dato allarmante: il 14% dei fumatori adulti presenta almeno una forma di disabilità. Il confronto con i non fumatori è netto: la prevalenza si dimezza al 7%. Tra le forme più comuni si registrano problemi di mobilità (8%) e difficoltà cognitive (4,5%), seguiti da disturbi visivi e uditivi meno frequenti.
I ricercatori hanno sottolineato la mancanza di consapevolezza sul legame tra abitudine al fumo e insorgenza di disabilità, spesso intese solo come effetto secondario di altre patologie. Lo studio conferma invece una correlazione diretta e preoccupante.
Conseguenze per la salute pubblica
In Italia, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, un adulto su quattro fuma regolarmente. Il fumo è da tempo riconosciuto come uno dei principali fattori di rischio per malattie croniche come il cancro, le broncopneumopatie e le patologie cardiovascolari. Tuttavia, i dati sulla correlazione tra fumo e disabilità aprono una nuova prospettiva.
Il rischio non è solo quello di ammalarsi, ma anche di perdere autonomia e qualità della vita. Chi convive con una disabilità causata o aggravata dal fumo affronta difficoltà sia fisiche che sociali, aumentando il carico sul sistema sanitario e sul welfare.
Le categorie più colpite
Lo studio ha evidenziato che le disabilità più frequenti tra i fumatori riguardano la mobilità e le funzioni cognitive. Questo suggerisce un possibile legame tra esposizione prolungata al fumo e danno neurologico, oltre a effetti negativi su muscoli e articolazioni. Alcune ricerche precedenti avevano già indicato che il fumo compromette la circolazione periferica e può contribuire allo sviluppo di neuropatie, aggravando condizioni preesistenti.
Le donne fumatrici risultano più esposte ad alcune disabilità, mentre tra gli uomini prevalgono problemi di coordinamento motorio. I giovani adulti con disabilità che fumano da adolescenti sono inoltre più vulnerabili allo sviluppo di forme croniche.
La prevenzione resta l’arma più efficace
Serve un approccio integrato che metta insieme informazione, educazione e supporto. Promuovere percorsi di disassuefazione personalizzati, anche all’interno delle strutture sanitarie e riabilitative, è cruciale. In particolare, le persone con disabilità devono poter accedere a programmi pensati su misura.
Un altro fronte è quello delle politiche pubbliche: divieti, aumento dei prezzi dei prodotti da fumo e campagne mediatiche possono contribuire a ridurre la diffusione del tabagismo. Ma la prevenzione resta efficace soprattutto se parte da giovani, prima che la dipendenza si consolidi.
Una sfida per la sanità del futuro
Contrastare il legame tra fumo e disabilità significa proteggere le persone più fragili e ridurre l’impatto sociale della disabilità prevenibile. Non si tratta solo di abbandonare una cattiva abitudine, ma di tutelare la dignità e l’autonomia individuale. Gli interventi devono coinvolgere scuole, medici di base, associazioni e media. Solo così sarà possibile raggiungere chi è a rischio prima che il danno diventi irreversibile. Investire oggi nella prevenzione del fumo significa costruire una società più equa, sana e consapevole, dove ogni persona abbia le stesse opportunità di vivere una vita piena e indipendente.