Con solo il 3,4% del Fondo Sanitario destinato alla salute mentale, l’Italia è indietro rispetto all’Europa. Servono investimenti urgenti e strutturati per il futuro dei giovani.
In Italia è in corso un’emergenza silenziosa che minaccia non solo la salute di milioni di persone, ma anche il tessuto sociale ed economico del Paese. Solo il 3,4% del Fondo Sanitario Nazionale è destinato alla salute mentale, contro una media europea del 5,7%. Un divario che si traduce in servizi carenti, liste d’attesa infinite, e un numero di operatori sanitari ben al di sotto del necessario: mancano circa 4.000 professionisti tra psichiatri, psicologi e tecnici della riabilitazione.
La salute mentale è ancora oggi sottovalutata, mentre i numeri parlano chiaro. In particolare, a essere colpiti sono i giovani: l’aumento di ansia, depressione, e dipendenze — anche da tecnologia e social media — è vertiginoso. La pandemia ha solo aggravato una tendenza già in crescita, e il sistema attuale non è in grado di offrire risposte tempestive ed efficaci.
Secondo gli esperti, è urgente raddoppiare le risorse destinate alla salute mentale. Questo significa investire non solo in personale, ma anche in tecnologie digitali, in reti di assistenza territoriale integrata e in programmi di prevenzione che coinvolgano scuola, famiglia e comunità locali.
Un modello virtuoso è possibile: paesi europei con percentuali più alte di investimento hanno mostrato una diminuzione dei ricoveri e un aumento del benessere psicosociale. L’Italia deve colmare il gap e mettere la salute mentale al centro delle politiche sanitarie, trattandola come una priorità e non come un costo accessorio.
È tempo di ascoltare le voci di chi soffre in silenzio e dare valore alla cura psicologica tanto quanto a quella fisica. Solo così potremo fermare l’onda lunga della sofferenza emotiva che minaccia la nostra società e dare un futuro più sano alle nuove generazioni.