
L’associazione liberas protagonista a “sant’elia si racconta”, tra progetti scolastici e supporto telefonico per le donne che vivono situazioni di violenza. Il gruppo femminista e transfemminista si impegna ogni giorno per diffondere consapevolezza e costruire una rete solidale nei quartieri.
Nel cuore del quartiere Sant’Elia, durante l’evento partecipativo “sant’elia si racconta”, l’associazione liberas ha preso la parola ai microfoni di Unica Radio per raccontare il proprio impegno nella prevenzione della violenza di genere. Il gruppo, attivo come realtà femminista e transfemminista, agiva su più fronti attraverso laboratori, presìdi territoriali e momenti di ascolto.
L’associazione Liberas
Durante l’incontro, le attiviste parlavano dei numerosi progetti scolastici che coinvolgevano studenti e docenti, portando strumenti e linguaggi nuovi all’interno delle aule. Il lavoro con le scuole diventava centrale: l’educazione alle relazioni sane e alla parità di genere cominciava proprio lì, tra i banchi. L’associazione liberas, con sede operativa nel quartiere, offriva anche un punto di ascolto telefonico, raggiungibile al numero 3770466853, destinato a tutte le donne che vivevano episodi di violenza domestica o relazionale. Il servizio telefonico permetteva un contatto diretto e protetto, utile a creare un primo passo verso la fuoriuscita dalla violenza. Le parole delle attiviste trovavano ascolto nel pubblico del quartiere, coinvolto in una giornata che mescolava narrazione, riflessione e solidarietà.
Il legame con il territorio di Cagliari diventava così evidente, grazie anche al sostegno di enti locali e all’organizzazione di eventi come sant’elia si racconta, che promuovevano la partecipazione attiva dei cittadini. Il racconto delle attività di liberas si intrecciava con quello degli abitanti, in un percorso che metteva al centro l’ascolto delle storie e delle esperienze.
Quando Sant’elia raccontava sé stesso
Nel pomeriggio dell’evento “sant’elia si racconta”, lo spazio pubblico si trasformava in un teatro di memorie e speranze. Quartiere spesso stigmatizzato, Sant’Elia si rivelava invece pieno di energia e voglia di riscatto. Tra i tanti momenti proposti, le performance, i laboratori creativi e gli incontri pubblici lasciavano spazio anche alle parole di chi, come liberas, costruiva ogni giorno relazioni di fiducia e percorsi di aiuto. Le attiviste partecipavano al programma raccontando non solo le iniziative in corso, ma anche la loro metodologia di lavoro: un’attenzione continua al linguaggio, al rispetto e alla pluralità delle identità. I progetti post-scuola, pensati per i più piccoli, offrivano un’alternativa educativa e culturale, fondamentale in contesti urbani spesso privi di spazi sicuri.
La dimensione comunitaria diventava protagonista. Le relazioni tra associazioni, famiglie e scuole si consolidavano attraverso il confronto diretto, promuovendo una visione della cura collettiva come strumento di prevenzione e cambiamento. L’approccio di liberas non si limitava alla denuncia, ma proponeva soluzioni concrete e accessibili. Gli strumenti digitali, come la presenza su Instagram e altri canali social, amplificavano la portata del messaggio. Le testimonianze dal palco risuonavano forti, restituendo dignità a chi troppo spesso veniva silenziato.