Dal 17 al 21 giugno 2025, il piccolo borgo del Sud Sardegna si trasforma in un laboratorio internazionale di arte e coscienza civile. Il Life After Oil International Film Festival riunisce opere da tutto il mondo su ambiente, giustizia sociale e resistenza femminile.
Nel cuore del Sud Sardegna, tra le colline silenziose che circondavano Villanovaforru, il Life After Oil International Film Festival ritornava dal 17 al 21 giugno 2025 per la sua dodicesima edizione. Il festival, nato dall’intuizione del regista e attivista Massimiliano Mazzotta, si confermava un appuntamento centrale nel panorama del cinema impegnato. La manifestazione raccoglieva quest’anno 916 opere da ogni continente, un dato che testimoniava la crescente reputazione dell’evento a livello globale. Solo 48 film entravano in concorso, scelti dalla Commissione di selezione per la loro capacità di affrontare con originalità i temi legati a diritti umani e ambiente.
L’immagine-simbolo dell’edizione rappresentava il dolore e la lotta delle donne. Si trattava di un volto afghano “pixelato”, tratto da un’opera originale di Shamsia Hassani, la prima graffitista donna dell’Afghanistan. Un volto cancellato, come quello di tante donne sotto la legge dei Talebani, reso invisibile dalle nuove restrizioni. La scelta dell’opera intendeva portare l’attenzione sui diritti negati, un tema che Mazzotta definiva centrale: “I talebani vietano alle donne di mostrare il volto, di parlare in pubblico. Le stanno cancellando dalla società”, affermava in una nota. Maggiori informazioni sul programma si potevano trovare sul sito del festival e sul portale del Comune di Villanovaforru.
bambini e donne come specchio dell’umanità: il cuore tematico del festival 2025
L’edizione 2025 si focalizzava non solo sulle donne, ma anche sui bambini come vittime silenziose. In troppe aree del mondo, la guerra, la povertà e le disparità sociali li colpivano in modo devastante. L’organizzazione del festival intendeva offrire un palco globale a queste storie spesso ignorate, ma urgenti. Il cinema diventava strumento di testimonianza, ma anche di proposta. Attraverso le opere in concorso, si raccontavano paesi in conflitto, migrazioni forzate, crisi climatiche, ma anche esperienze di resistenza, rinascita e giustizia.
Il festival di Villanovaforru, ospitato tra le sue piazze e i siti archeologici, trasformava la città in un crocevia culturale e civile. Da cinque anni, questo borgo diventava un punto di riferimento per cineasti e attivisti, che trovavano in Sardegna un luogo fertile per elaborare visioni alternative di futuro. Il festival includeva anche eventi sportivi, laboratori e incontri pubblici con figure di rilievo nazionale e internazionale. Il programma dettagliato veniva presentato a Cagliari, il 13 giugno alle ore 11, nella Sala della Biblioteca Regionale.
una rete culturale internazionale e un sostegno istituzionale in crescita
Il Life After Oil International Film Festival veniva organizzato dall’Associazione Life After Oil, in collaborazione con il Comune di Villanovaforru e l’AFIC – Associazione Festival Italiani di Cinema. Tra i partner figuravano anche RCS – Rete Cinefestival Sardegna e numerosi enti tra cui la Fondazione di Sardegna, il Comune di Ottana, Medicina Democratica e ISDE Sardegna – Medici per l’ambiente. Il contributo dell’Assessorato regionale alla Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione e Spettacolo della Regione Autonoma della Sardegna sosteneva l’intero impianto culturale e logistico della manifestazione.
Il festival si avvaleva del patrocinio del Ministero della Cultura, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Ministero per le Disabilità e del Presidente del Consiglio Regionale della Sardegna. Più di venti associazioni e organizzazioni nazionali e internazionali offrivano il proprio supporto. Questa rete, ampia e variegata, confermava la funzione del festival come spazio di convergenza tra cinema e impegno sociale, arte e coscienza collettiva. L’immagine scelta, il volto pixelato di una donna afghana, ricordava che ogni storia ignorata resta una ferita aperta nel corpo dell’umanità.