Simona Campus: i femminismi che hanno cambiato la storia

Una conferenza per riscoprire l’arte come strumento politico e creativo, capace di trasformare la marginalità in potere. Un incontro per indagare il contributo delle artiste che tra anni Settanta e Ottanta hanno scardinato le strutture patriarcali del sistema dell’arte contemporanea.

L’arte come pratica della differenza è il titolo della conferenza che Simona Campus, storica dell’arte e curatrice, ha tenuto mercoledì 23 aprile 2025 alle 18:30 nella Sala Eleonora d’Arborea in via Falzarego 35/37 a Cagliari, su iniziativa del Centro di Documentazione e Studi delle Donne. Un evento che si è posto l’obiettivo di raccontare le trasformazioni avvenute nel mondo dell’arte negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, grazie al lavoro pionieristico di numerose artiste e curatrici che hanno rivoluzionato i linguaggi visivi e culturali attraverso la lente del femminismo.

Nel suo intervento, Simona Campus ha messo in luce come l’arte di quel periodo abbia rappresentato una rottura epistemologica rispetto alla tradizione patriarcale, grazie all’attivazione di nuove modalità espressive e alla messa in discussione dei ruoli di genere. Punto di partenza è stata l’installazione “Dinner Party” di Judy Chicago (1974), considerata un manifesto dell’arte femminista, insieme alla mostra “Materializzazione del linguaggio”, curata da Mirella Bentivoglio alla Biennale di Venezia del 1978, che ha dato spazio a linguaggi sperimentali e inediti nel panorama ufficiale dell’arte italiana e internazionale.

Le artiste che cambiarono il linguaggio dell’arte: sorellanza, corpo, parola

La conferenza ha illustrato una vera e propria costellazione di femminili e femminismi, evidenziando come le pratiche artistiche dell’epoca abbiano trasformato la marginalità storica in un luogo di elaborazione politica e poetica. L’arte come pratica della differenza ha dunque rappresentato non solo una forma di resistenza, ma anche un atto di rivendicazione culturale attraverso cui le donne hanno potuto costruire nuove narrazioni, sottraendosi ai codici maschili dominanti.

Simona Campus ha raccontato il modo in cui queste artiste hanno utilizzato il corpo, la parola, la memoria e lo spazio domestico come strumenti simbolici e politici, decostruendo stereotipi e aprendo spazi di libertà espressiva. Il discorso ha coinvolto anche la riflessione sull’eredità attuale di quelle pratiche e sull’importanza di riattivare oggi il pensiero femminista nella produzione artistica contemporanea.

La conferenza si è inserita nel quadro delle iniziative culturali promosse dal Centro di Documentazione e Studi delle Donne, con il contributo dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna, confermando la volontà di sostenere percorsi di ricerca e divulgazione dedicati al ruolo delle donne nella storia dell’arte e nella società.

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