In una delle aree più radioattive del mondo, alcuni organismi viventi stanno facendo qualcosa di inaspettato. Si tratta di funghi neri, appartenenti alle specie Cladosporium sphaerospermum, Wangiella dermatitidis e Cryptococcus neoformans. Questi microrganismi stanno colonizzando ambienti considerati invivibili, tra cui il reattore 4 di un impianto energetico abbandonato nell’Est Europa. Qui, la quantità di radiazioni supera di gran lunga i livelli tollerabili per la maggior parte delle forme di vita. Eppure, questi funghi non solo resistono. Sembrano addirittura prosperare. Gli scienziati li stanno studiando da anni per capire come riescano a trasformare l’energia radioattiva in nutrimento. Un processo biologico che potrebbe rivoluzionare la nostra idea di adattamento.
La melanina: il segreto della sopravvivenza
Il segreto di questi funghi risiede nella loro elevata concentrazione di melanina. Questa sostanza, nota per il suo ruolo nella pigmentazione umana, svolge una funzione diversa nei funghi. Qui agisce come un trasformatore biologico. Assorbe le radiazioni ionizzanti e le converte in energia chimica. Questo fenomeno è stato osservato per la prima volta nei campioni raccolti nel 2007 da un team di studiosi internazionali. Il Cladosporium sphaerospermum, in particolare, è diventato un modello di riferimento. I risultati hanno aperto scenari interessanti per la biotecnologia, la medicina e persino l’esplorazione spaziale. Alcuni esperimenti sono già stati condotti anche sulla Stazione Spaziale Internazionale, come riportato da NASA e ESA.
Funghi spaziali: uno scudo naturale per gli astronauti
La capacità dei funghi neri di utilizzare le radiazioni ha attirato l’attenzione delle agenzie spaziali. Potrebbero essere impiegati come barriere naturali per proteggere gli astronauti dalle radiazioni cosmiche. L’Università della Carolina del Nord ha condotto ricerche in collaborazione con enti come la Johns Hopkins University e il Jet Propulsion Laboratory. Alcuni funghi sono stati spediti nello spazio e testati in orbita. I risultati hanno confermato che la loro crescita migliora in ambienti ad alta radiazione. “È come se facessero la fotosintesi, ma al posto della luce usano la radiazione ionizzante”, ha spiegato uno dei ricercatori. Questo potrebbe aprire nuove strade per missioni su Marte e oltre.