“Marragau” dei Ratapignata è un viaggio poetico tra resistenza e identità, in bilico tra soul e reggae, con un videoclip girato nel cuore di Cagliari.
La storica band cagliaritana Ratapignata torna sulla scena con Marragau, un nuovo singolo accompagnato da un videoclip girato interamente al Teatro Massimo di Cagliari. Il brano, pubblicato da S’ardmusic in collaborazione con Eja Tv, si presenta come una riflessione potente e poetica su lingua, migrazione, tradizione e memoria collettiva, temi che da sempre attraversano l’identità artistica del gruppo. La regia del video porta la firma di Tore Cubeddu e Paolo Carboni, mentre la produzione artistica, curata da Michele Palmas, definisce un suono profondo e avvolgente, che fonde armonicamente elementi soul e sonorità reggae, cifra stilistica della band.
Il videoclip si chiude con una “invasione” scenica ironica e coinvolgente, animata da numerosi artisti locali: tra questi Elio Arthemalle, Valentina Puddu, Arrogalla, Andrea Andrillo e molti altri che, con entusiasmo e spirito di comunità, danno vita a un momento corale e spontaneo. Un omaggio alla dimensione collettiva del fare arte, al legame tra palco, pubblico e territorio.
Marragau è il simbolo di un viaggio, tra Africa e Mediterraneo, tra memoria e contemporaneità
Marragau è il nome sardo del gruccione, un uccello migratore dai colori accesi che attraversa ogni anno il Mediterraneo tra l’Africa e l’Europa. La scelta di questo titolo non è casuale: il gruccione diventa metafora potente delle migrazioni, dei ritorni, delle perdite e delle trasformazioni che attraversano la Sardegna e il Sud globale. Il testo denuncia la dissoluzione delle lingue locali, la devastazione dei territori, la svendita delle risorse e l’appiattimento culturale imposto da una modernità veloce e superficiale.
“Marragau” non si limita a raccontare, ma si impone come un grido poetico, un canto d’identità che nasce dall’urgenza di salire sul palco per dare voce a una realtà ignorata. I Ratapignata cantano in sardo, denunciano chi “si nci bogant de innoi” e descrivono un cielo affollato di corvi neri, mentre l’uccello colorato vola via, forse per non tornare più. Un gesto artistico e politico che si inserisce in una lunga tradizione di musica come strumento di resistenza.