Un team multidisciplinare dell’ateneo cagliaritano lavorava su soluzioni concrete contro l’erosione costiera, il rischio idrogeologico e i cambiamenti climatici. Al centro del progetto, modelli predittivi, sistemi di allerta e mappature aggiornate delle aree vulnerabili.
All’università di Cagliari, studiosi e ricercatori si muovevano in sinergia per affrontare un problema che coinvolgeva sempre più territori: le inondazioni e l’erosione delle coste. Il progetto di ricerca coinvolgeva diverse facoltà e strutture dell’ateneo, che univano competenze in geologia, ingegneria ambientale, idraulica, ma anche in ambito urbanistico e sociale. L’obiettivo era realizzare uno strumento scientifico capace di prevedere le aree a rischio e intervenire in tempo reale attraverso sistemi di allerta rapida. L’emergenza climatica che colpiva sempre più spesso l’Italia rendeva urgente uno sforzo condiviso per migliorare la sicurezza e la gestione del territorio. I ricercatori analizzavano fenomeni locali, come quelli che interessavano la costa del Sud Sardegna, dove l’avanzamento del mare minacciava abitazioni, strade e ambiti produttivi.
Le attività dell’ateneo si articolavano in diverse fasi. Da un lato, si raccoglievano dati storici e si monitoravano i bacini idrografici, dall’altro si sviluppavano modelli digitali capaci di simulare scenari di alluvione. Gli strumenti creati dal team dell’università si proponevano anche come supporto decisionale per amministrazioni locali e protezione civile. Grazie a tecnologie avanzate e a rilievi sul campo, le simulazioni potevano prevedere le zone maggiormente esposte a rischio, fornendo un quadro dettagliato utile anche per la pianificazione urbana. Sul sito ufficiale dell’università di Cagliari, erano disponibili aggiornamenti e pubblicazioni relative ai singoli progetti di ricerca. In parallelo, la collaborazione con enti come il Dipartimento della Protezione Civile contribuiva ad attivare protocolli per la gestione delle emergenze.
L’ateneo lavorava con comuni, enti pubblici e università internazionali
Il progetto scientifico si basava sulla collaborazione con diversi comuni sardi, in particolare quelli della costa sud-occidentale, tra cui Capoterra, Pula e Villasimius, aree soggette a eventi metereologici estremi. In questi territori, l’erosione costiera si manifestava con evidenza e i dati raccolti dagli studiosi dell’ateneo di Cagliari aiutavano a costruire strategie di contenimento. L’approccio multidisciplinare includeva anche aspetti sociali: si analizzavano le reazioni delle comunità locali, il grado di consapevolezza del rischio e le modalità con cui gli abitanti affrontavano gli eventi climatici. In questo senso, l’università promuoveva anche iniziative di divulgazione e educazione ambientale, coinvolgendo le scuole e le associazioni attive nei territori vulnerabili.
La rete accademica si allargava inoltre a livello internazionale, grazie a collaborazioni con università di Francia, Spagna, Olanda e Germania, specializzate nello studio del clima costiero e nella progettazione di infrastrutture sostenibili. I dati condivisi e le esperienze di altri territori europei permettevano di raffinare gli strumenti di analisi e di adattare soluzioni già testate altrove. Il progetto favoriva anche la formazione di nuovi specialisti nel settore ambientale, attraverso corsi, tirocini e borse di studio attivate all’interno dei dipartimenti di Ingegneria e Scienze della Terra. Le ricerche contribuivano così non solo alla protezione del territorio, ma anche allo sviluppo di una cultura della prevenzione, fondamentale per affrontare le sfide dei prossimi decenni.