Graziano Mesina, da bandito a simbolo della cultura pop

Dalla fuga raccontata da Terence Hill ai versi di Marracash, passando per le citazioni nei brani di Salmo e Sa Razza: la figura di Grazianeddu diventa icona dell’immaginario rap e cinematografico.

Graziano Mesina, noto anche come Grazianeddu, è stato a lungo una figura chiave dell’immaginario sardo e nazionale. Nato a Orgosolo nel 1942, il suo nome è divenuto sinonimo di banditismo, ma anche di mitologia popolare. Nel tempo, la sua immagine si è spinta ben oltre la cronaca nera, invadendo il linguaggio della musica, i racconti cinematografici e persino la narrazione letteraria.

Il primo segnale di questa trasformazione arrivava già nel 1967 con la canzone “Canzone per un’amica” dei Nomadi, dove nella versione su 45 giri compariva la notizia del suo arresto. Da lì in poi, Mesina diventa parte integrante del folklore contemporaneo. Nel 1994 il duo Sa Razza lo celebrava nel brano Vero sardo G con versi come “One man, one story, Mesina vero sardo G”, lanciando la figura del bandito come icona gangsta ante litteram. La traccia segnava l’inizio di un filone che avrebbe attraversato tutta la musica rap italiana.

Nel 2013, il rapper sardo Fabrizio Cabras scatenava polemiche con una canzone dal titolo Graziano Mesina, definita “un inno alla sua figura”. La cultura hip hop, con la sua tendenza a celebrare personaggi fuori dagli schemi, sembrava trovare in Mesina un simbolo di resistenza e contrapposizione alle regole. Nel 2019, il duo AlterEgo girava proprio a Orgosolo, in sua compagnia, il videoclip di Bandoleros. Due anni più tardi, Marracash lo citava nel brano 64 barre di paura, mentre Salmo, nel disco Flop, usava la sua fuga come metafora della condizione interiore.

Da Terence Hill a Lucarelli: Mesina al cinema e nei libri

Il cinema si è occupato della sua figura già nel pieno degli anni Sessanta. In Pelle di bandito (1968), diretto da Piero Livi, si narrava la sua storia reale. L’anno seguente Carlo Lizzani dirigeva Barbagia, film ispirato al saggio “La società del malessere” di Giuseppe Fiori. Graziano Mesina veniva ribattezzato Graziano Cassitta e interpretato da un giovane Terence Hill, con Don Backy nel ruolo del compare Miguel Atienza. Le sue vicende diventavano così parte del patrimonio cinematografico nazionale.

Oltre alla celluloide, anche la letteratura ha dedicato ampio spazio alla figura del bandito. Dalla prima biografia scritta nel 1968 da Guido Vergani fino alla ricostruzione storica di Giovanni Francesco Ricci, che lo inseriva nel contesto dei grandi sequestri sardi, la figura di Mesina è diventata terreno di analisi sociale e culturale. Tra gli autori coinvolti spiccano Giorgio Pisanò, E. Caramel, Lucarelli e Massimo Picozzi, tutti impegnati a decifrare la complessa psicologia di un uomo che, per alcuni, era un simbolo di ribellione; per altri, solo un pericoloso criminale.

Tra mito, ribellione e contraddizione: una figura che divide e ispira

In un tempo in cui la musica e il cinema si appropriano con disinvoltura di simboli e figure complesse, Graziano Mesina rimane una delle icone più controverse e affascinanti della Sardegna contemporanea. Lontano dall’essere riabilitato, il suo nome continua a evocare fuga, resistenza e ambiguità morale, attraversando generi artistici e generazioni. Un simbolo che parla di un’isola spaccata tra la voglia di modernità e l’eco delle sue antiche leggende.

About Carlo Pahler

Fondatore, giornalista pubblicista, direttore di testata e responsabile tecnico di Unica Radio. Amante della tecnologia e della musica.

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