Cinque quesiti abrogativi sottoposti al voto popolare su licenziamenti, sicurezza, contratti precari e cittadinanza: ecco cosa cambierebbe con la vittoria del SÌ
Nel fine settimana dell’8 e 9 giugno 2025, le italiane e gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque referendum abrogativi. Quattro di questi intervengono su norme relative al diritto del lavoro, mentre il quinto punta a modificare l’accesso alla cittadinanza italiana per chi risiede legalmente da tempo nel Paese. Le consultazioni sono state convocate dopo la raccolta di oltre 4 milioni di firme, un segnale forte di partecipazione su temi cruciali per la società.
I quesiti ammessi dalla Corte Costituzionale riguardano la possibilità di rafforzare i diritti dei lavoratori, riducendo i margini di incertezza giuridica e le disparità di trattamento, e di favorire l’integrazione sociale attraverso norme più inclusive. I referendum, in quanto abrogativi, mirano a cancellare parti specifiche di leggi esistenti: votare SÌ significa volerne l’eliminazione, mentre votare NO implica il mantenimento dell’attuale assetto normativo.
I referendum sul lavoro: più tutele e sicurezza
Il primo quesito propone di abrogare il contratto a tutele crescenti, cuore del Jobs Act, che impedisce il reintegro automatico nel posto di lavoro anche dopo un licenziamento giudicato illegittimo. Il secondo elimina il tetto massimo di sei mensilità di risarcimento per chi lavora in piccole imprese e subisce un licenziamento senza giusta causa, offrendo maggiore discrezionalità al giudice.
Il terzo quesito intende contrastare il precariato, cancellando alcune deroghe che consentono contratti a termine di 12 mesi senza motivazione. L’obiettivo è il ritorno all’obbligo delle “causali”, per legittimare solo in casi eccezionali il ricorso al lavoro a tempo determinato.
Il quarto punta a rafforzare la sicurezza sul lavoro, estendendo le responsabilità dell’azienda committente anche in caso di infortuni causati da negligenze dell’impresa appaltatrice. Con circa 1000 morti all’anno nei luoghi di lavoro, la proposta vuole responsabilizzare maggiormente chi affida incarichi a soggetti terzi.
Cittadinanza italiana: il quinto quesito per ridurre i tempi
Il quinto e ultimo referendum propone di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo minimo di residenza legale richiesto per presentare domanda di cittadinanza italiana. Non vengono toccati altri requisiti già in vigore – come lingua, reddito, legalità – ma si punta a riconoscere diritti a 2,5 milioni di persone che vivono stabilmente in Italia. La modifica ripristinerebbe il termine previsto dalla normativa storica del 1865, allineando l’Italia agli standard europei.
I referendum dell’8 e 9 giugno rappresentano un’importante occasione di partecipazione democratica per incidere direttamente sulle politiche sociali e sui diritti civili. Per approfondimenti ufficiali, è possibile consultare i materiali informativi disponibili sui siti del Ministero dell’Interno e della Corte Costituzionale.