La tundra artica si espande rapidamente

Le nuove dinamiche ecologiche in Artico e il fenomeno del “greening” nella tundra

Il fenomeno del greening” artico, che riguarda l’espansione della vegetazione terrestre nella zona del circolo polare artico, ha visto una crescita senza precedenti negli ultimi decenni. Questo fenomeno, osservato a partire dall’inizio del XX secolo, è stato reso possibile dal cambiamento climatico in corso, che ha modificato radicalmente l’ambiente della tundra. Lo studio condotto da un team internazionale, coordinato dall’Istituto di scienze polari del Cnr-Isp, e realizzato in collaborazione con istituzioni come l’Alfred Wegener Institute e l’Helmholtz Center for Polar and Marine Research, ha portato alla luce la portata di questo cambiamento. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Communications Earth & Environment, mostrano come la vegetazione terrestre stia avanzando nelle zone precedentemente coperte da ghiaccio o neve.

La ricerca scientifica ha analizzato gli archivi sedimentari marini prelevati nelle Isole Svalbard, un arcipelago norvegese nel cuore del circolo polare artico, e ha confermato che il declino del ghiaccio marino e il ritiro dei ghiacciai sono strettamente legati all’espansione della vegetazione. Tommaso Tesi, ricercatore del Cnr-Isp, ha sottolineato che lo studio offre una delle prime ricostruzioni in grado di collegare i cambiamenti nel ghiaccio marino con l’aumento della vegetazione terrestre. Il fenomeno ha avuto una spinta notevole a partire dai primi decenni del 1900, culminando con un’espansione massiva della tundra negli anni ’90, periodo coincidente con l’accelerazione del riscaldamento globale.

Un cambiamento radicale nella composizione ecologica

La velocità con cui la tundra si sta espandendo ha avuto effetti notevoli anche sulla composizione delle specie vegetali. All’inizio, le superfici emerse dall’arretramento dei ghiacci sono state colonizzate da muschi e licheni, elementi caratteristici della tundra. Con il tempo, però, altre piante, come quelle vascolari – ossia quelle dotate di radici, fusto e foglie – hanno iniziato a insediarsi. Il Salix polaris, una piccola specie arbustiva, ha avuto un ruolo di primo piano in questo processo, adattandosi a condizioni climatiche più miti e aumentando progressivamente la sua diffusione.

Gianmarco Ingrosso, ricercatore del Cnr-Iret, ha confermato che queste nuove condizioni stanno favorendo un aumento della biodiversità vegetale nella regione. Tuttavia, i ricercatori si pongono anche domande cruciali riguardo le implicazioni ecologiche di questo cambiamento. Se da un lato un aumento della vegetazione potrebbe favorire il sequestro di carbonio atmosferico, dall’altro il cambiamento nei cicli biogeochimici potrebbe alterare drasticamente l’habitat delle specie animali autoctone, già fragili in un ecosistema così estremo.

I rischi legati alla fusione del permafrost

Uno degli aspetti più preoccupanti di questo cambiamento riguarda la fusione del permafrost, che è accelerata dal riscaldamento globale. Quando il permafrost si scioglie, grandi quantità di gas serra, come il metano, possono essere rilasciate nell’atmosfera. Questi gas sono molto potenti e potrebbero vanificare gli eventuali benefici derivanti dall’incremento della vegetazione, creando un circolo vizioso che contribuisce al cambiamento climatico. Gli ecosistemi artici, già vulnerabili, potrebbero quindi essere gravemente compromessi da un ambiente sempre più “verde” e dal rilascio incontrollato di gas serra.

Le implicazioni per il futuro del circolo polare

Lo studio del Cnr rientra nell’ambito dei progetti PAIGE e ENI–CNR Joint Research Agreement e rappresenta un passo significativo nella comprensione di come i cambiamenti climatici stiano influenzando il circolo polare artico. Il fenomeno del “greening”, purtroppo, non è un segnale positivo. Piuttosto, evidenzia le complesse e difficili sfide che il pianeta dovrà affrontare nei prossimi decenni. La crescita della vegetazione potrebbe non essere sufficiente a contrastare i gravi effetti del cambiamento climatico, e lo studio suggerisce la necessità di monitorare costantemente l’Artico per evitare che la situazione sfugga di mano.

Link al CNR
Link a Alfred Wegener Institute

About Francesco Sailis

Appassionato di musica e di produzione musicale. Rider Glovo e amante del cinema.

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