Il 10 febbraio, in occasione della Giornata del Malato, l’associazione Pro Vita e Famiglia ha lanciato un forte appello alla politica italiana, chiedendo al Governo e al Parlamento di porre una particolare attenzione sull’espansione e il miglioramento delle cure palliative. L’organizzazione sottolinea l’importanza di garantire assistenza e cure adeguate a ogni malato, piuttosto che favorire politiche che promuovano la morte assistita come soluzione per chi soffre. La battaglia è, per l’associazione, una questione di umanità e civiltà, che va al di là delle scelte politiche e legislative del momento.
Le cure palliative, che dovrebbero offrire sollievo a chi vive con malattie gravi e terminali, sono al momento insufficienti in Italia, con un numero molto ridotto di professionisti in grado di gestirle. Si stima che oltre 500.000 persone nel Paese necessitino di tali cure, ma il numero di medici palliativisti è limitato a soli 500, e solo un po’ più di 2.000 infermieri sono specializzati in questo campo. La situazione diventa ancora più critica quando si considerano le cure palliative domiciliari, che soffrono di una carenza di medici pari al 50% e addirittura di infermiere al 66%. In un contesto simile, l’associazione ritiene che la Giornata del Malato debba servire come spunto per accelerare l’attuazione della legge 38/2010, che aveva l’obiettivo di diffondere e rendere accessibili le cure palliative su tutto il territorio nazionale.
Suicidio assistito: la proposta che divide
In parallelo, l’associazione esprime preoccupazione per i recenti tentativi delle Regioni di introdurre legislazioni che favoriscono il suicidio assistito, come sta avvenendo in Toscana. L’introduzione di queste leggi, che potrebbero essere applicate come una sorta di “morte di Stato”, è vista da Pro Vita e Famiglia come un passo indietro, che favorirebbe l’eliminazione dei malati, degli anziani, e delle persone più vulnerabili, considerate un “peso” per la società. L’associazione denuncia che in realtà dovrebbe essere la sofferenza a essere eliminata, non il sofferente, un messaggio che trova le radici in una visione della vita e della dignità umana che non può essere sacrificata sulle tavole dei compromessi politici.
Pro Vita e Famiglia si oppone fermamente alla creazione di una “Svizzera italiana” in cui la morte assistita possa diventare una risposta alla sofferenza. Secondo l’associazione, l’obiettivo dovrebbe essere invece quello di garantire cura e rispetto per ogni vita, anche quella dei più fragili, senza rinunciare al principio di solidarietà e di rispetto della persona umana. Il sostegno alle cure palliative deve essere una priorità nazionale, e l’invito dell’associazione è quello di bloccare ogni tentativo di legalizzare il suicidio assistito, che considera non solo problematico sul piano morale, ma anche un violazione dei principi costituzionali italiani.
Le politiche per i malati: il bisogno di un’azione urgente
La Giornata del Malato deve essere per il Governo e il Parlamento un’occasione per riflettere seriamente su come affrontare le sfide sanitarie e sociali legate alle malattie gravi e terminali. Le politiche sanitarie italiane non dovrebbero dimenticare le persone fragili, che necessitano di cure appropriate piuttosto che di misure che rispondano a ideologie di morte. Il rilancio delle cure palliative e l’aumento delle risorse destinate a formare professionisti adeguatamente preparati devono essere messi al primo posto, affinché nessuno debba affrontare il dolore senza il giusto sostegno.
Le istituzioni, dunque, devono adottare una strategia che rispetti la dignità di ogni malato, senza cedere alle tentazioni di leggi che favoriscono la morte assistita. In Italia, come in molti altri Paesi, c’è un urgente bisogno di politiche sanitarie che pongano il benessere e la dignità umana al centro, garantendo a tutti l’accesso alle cure necessarie per vivere dignitosamente anche nei momenti più difficili della vita.
Il 10 febbraio, in occasione della Giornata del Malato, l’associazione Pro Vita e Famiglia chiede che il Governo dia priorità alle cure palliative e non al suicidio assistito, che considera una “morte di Stato” per i più vulnerabili.