
Il progetto che connette gli atenei italiani, dall’idea alla realizzazione, raccontato dai protagonisti.
L’Erasmus Italiano è una delle iniziative più interessanti nel panorama accademico nazionale. Ideato per favorire la mobilità degli studenti tra università italiane, il progetto vuole abbattere barriere culturali e logistiche, promuovendo un’educazione più flessibile e multidisciplinare. Ai microfoni di RadUni abbiamo parlato di questo con Maria Chiara Ferraretta, direttrice dell’ufficio carriera studenti dell’Università di Padova, e con Paolo Sciascia, dirigente del Ministero dell’Università e Ricerca (MUR), durante l’evento Job&Orienta a Verona.
“L’idea nasce dalla volontà di offrire agli studenti la possibilità di esplorare nuovi percorsi accademici senza necessariamente dover andare all’estero”, spiega Ferraretta. L’iniziativa parte da una convenzione che coinvolge gli atenei di Padova, Pisa, Pavia e Napoli Federico II. “Abbiamo avviato questa collaborazione per consentire un’esperienza di crescita personale e didattica anche a livello nazionale”.
Il progetto non è soltanto un’opportunità per studenti che vogliono ampliare i loro orizzonti, ma anche un modo per ridurre lo stereotipo del percorso accademico lineare. Secondo Sciascia, “l’esperienza in un’altra università consente di vedere nuove prospettive, scoprire metodi di insegnamento differenti e arricchire il proprio bagaglio culturale”.
L’importanza della mobilità: una sfida culturale in Italia
In Italia, la mobilità accademica rimane meno diffusa rispetto ad altri paesi europei. “Negli altri stati è normale spostarsi per frequentare l’università. Qui, specialmente nelle grandi città, spesso gli studenti restano nella loro zona di residenza”, osserva Sciascia. Il Erasmus Italiano vuole cambiare questa mentalità, offrendo un’esperienza accessibile e circoscritta che non richiede di lasciare il paese. Anche la diversità culturale interna all’Italia diventa una risorsa preziosa. Ogni regione offre tradizioni e approcci differenti.
Il valore aggiunto di un progetto innovativo
Oltre all’arricchimento personale degli studenti, il progetto rappresenta un esempio di collaborazione tra atenei e istituzioni. “Abbiamo lavorato come una squadra, coinvolgendo prorettori e amministrativi per creare un sistema efficace e condiviso”, racconta Ferraretta. La sfida principale è stata conciliare esigenze didattiche e logistiche, ma il risultato è stato entusiasmante: “Abbiamo dimostrato che la collaborazione rafforza l’intero sistema universitario italiano”.
L’aspetto formativo non è solo accademico, ma anche umano. “Il desiderio di scoprire nuove realtà e di superare le difficoltà iniziali è fondamentale per chi parte”, afferma Sciascia. L’obiettivo è creare un circolo virtuoso, dove gli studenti possano rappresentare al meglio le proprie università di origine, portando valore anche agli atenei ospitanti.