
La tecnica acquisita dall’artista sardo è frutto di una una dialettica tra astrazione e figurazione ma anche tra significante e significato
Beppe Vargiu è nato a Cagliari il 19 Marzo 1954. Ha iniziato l’attività artistica da giovanissimo diplomandosi nel 1972 presso il Liceo Artistico di Cagliari e già nel 1980 è stato tra i selezionati per la Mostra Regionale di Arti Visive. Il pittore è il fondatore, assieme a Giuseppe Pettinau, Italo Medda, Attilio Della Maria e Italo Utzeri, del “Gruppo 91“, un laboratorio artistico e culturale molto conosciuto negli ambienti artistici isolani. Alle spalle una lunga carriera da professore di Arte e Immagine presso la scuola secondaria di primo grado.
Beppe Vargiu si racconta ai microfoni di Unica Radio
Per prima cosa abbiamo chiesto al pittore di raccontarci del suo stile artistico e ci ha spiegato che questo subentra dopo un avvio di carriera dedicato al Astrattismo Lirico. “Vi era da parte mia il tentativo di rompere gli schemi geometrici di alcune poetiche astrattiste a cui mi rifacevo” racconta Vargiu “in un tempo in cui ero attratto dal rapporto spazio-tempo e dalle geometrie non euclidee”. In questa fase sperimentale Vargiu intuisce l’utilizzo della luce e del colore come elemento utile a distorcere geometrie e schemi per raggiungere una “più complessa temporalità della coscienza”.
Domandiamo poi a Vargiu se può svelarci i nome degli artisti ai quali si è ispirato. “Certamente, mi ispiro soprattutto a Burri e Tapies, due artisti che utilizzano tanto la materia, e comunque sullo sfondo resta tutta l’avanguardia astrattista”.
“Cosa rappresenta la tela squarciata?” gli domandiamo. “Sicuramente rappresenta la tensione della società in un contesto di contraddizione in cui ciò che appare si contrappone a ciò che non appare, e in questo la scuola di Francoforte insegna. Nello specifico lo squarcio che diventa dramma che diventa poi speranza”.
Il gruppo ’91 e l’arte in Sardegna
Il Gruppo ’91 l’abbiamo costituito appunto nel 1991 e fu Pettinau ad occuparsi di redigerne il manifesto. Il progetto nacque dall’esigenza di fare pittura assieme nel comune intento di mantenere riferimenti critici all’avanguardia e un certo tipo di atteggiamento nei confronti del post moderno. Oltre questo volevamo mantenere vivo il discorso teorico-estetico della relazione tra arte ed esistenza. La continua relazione tra esperienza vissuta ed immaginazione creativa era il modus vivendi del gruppo in cui ognuno apportava valore in base alle proprie prerogative artistiche”.
“Cosa può dirci relativamente allo stato dell’arte in Sardegna?”
“In Sardegna il fermento è vivo”, risponde Vargiu, “esiste una fucina di artisti che grazie ad una sempre più agevole mobilità può immergersi in culture artistiche esotiche e apprenderne tecniche e stili. La conoscenza permette all’artista di tornare in Sardegna contaminato da altre arti ma è importante che le sue produzioni restino nella specificità territoriale, valorizzino il contesto geografico ma con una sguardo di ampio respiro che contraddistingue il contemporaneo.
Un consiglio ai giovani
Per leggere il mondo attuale è importante avere strumenti di lettura adeguati che credo di aver sempre cercato di fornire ai miei studenti. L’arte contemporanea non è solo fatto rettidico ma anche un fatto mentale. Abbiamo bisogno di giovani sempre più critici insomma, che non si lascino rapire da immagini facili, di consumo, ma che invece ne sappiano cogliere la profondità. Non stare dunque adagiati in questa sorta di immagine vincente dominante ma capire che tutta l’arte visiva modella la società e crea una mentalità visiva.