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Coaching per la consapevolezza personale alla MEM di Cagliari

Coaching per la consapevolezza personale alla MEM di Cagliari

Il coaching: consapevolezza, responsabilità e autostima per lo sviluppo delle performance; gli incontri dal 18 e 25 marzo, e l’1 aprile.

Nato in ambito sportivo, il coaching è ampiamente diffuso nelle organizzazioni del mondo anglosassone sia come modalità di consulenza (coaching individuale) esercitata da soggetti esperti esterni all’organizzazione sia come stile manageriale agito all’interno dell’organizzazione.

In Italia il processo di diffusione del coaching, inteso soprattutto nella prima accezione, ha avuto una consistente accelerazione negli ultimi mesi, ampiamente dimostrata dall’elevato numero di associazioni, società di consulenza e formazione che offrono differenti servizi ai singoli o alle aziende e dall’incremento di eventi, convegni e pubblicazioni sul tema, di cui si trova traccia anche in Internet.

L’obiettivo del presente lavoro è, in primo luogo, offrire una mappa di riferimento nella comprensione del coaching e, in secondo luogo, evidenziare le condizioni e i possibili ostacoli alla sua applicazione come stile manageriale all’interno delle organizzazioni.

Il coaching: filosofia e relazione d’aiuto

Un punto di partenza utile nella comprensione del significato della parola coaching è l’analisi della sua etimologia: coach-ing.

Uno dei significati originari della parola coach, infatti, è quello di ‘corriera’, ossia un mezzo di trasporto che consente ad una persona di spostarsi, di essere accompagnata da un punto iniziale A ad un punto desiderato B. Questa semplice considerazione ci consente di delineare un primo contenuto essenziale dell’azione di coaching, ossia l’accompagnamento ad una persona nel suo processo di passaggio da uno stato iniziale ad uno stato diverso, desiderato.

Un secondo contributo definitorio ci deriva da un ulteriore significato della parola coach che in italiano può essere tradotto con ‘allenatore, addestratore, preparatore’.

Il coach è l’allenatore

In ambito sportivo, infatti, il coach è l’allenatore che prepara una squadra o un atleta in vista della partita e li supporta durante il suo svolgimento. Il ruolo del coach è fondamentale in modo particolare prima della partita, in quanto crea le condizioni psicologiche, fisiche e tecniche perché gli atleti realizzino una buona prestazione (performance) durante la partita. In altri termini il coach sostiene gli atleti (coachee o performer) principalmente nella fase preparatoria, aiutandoli a migliorarsi costantemente al fine di renderli sempre più autonomi nella realizzazione della loro performance.

Facendo nostra la definizione proposta da uno dei massimi esperti di coaching in campo sportivo e aziendale, il coaching consiste nell’attività finalizzata “a liberare il potenziale di una persona per ottimizzare la sua performance: aiuta un individuo ad apprendere piuttosto che limitarsi ad insegnargli qualcosa” (Gallwey T., 1986). Il punto di partenza è, seguendo la terminologia tennistica di Gallwey, la constatazione che “gli ostacoli ‘interni’ presenti nella testa di un tennista sono nettamente superiori a quello ‘esterno’ rappresentato dall’avversario che si trova al di là della rete”. 

Pertanto, il coaching è in primo luogo una filosofia in quanto presuppone la concezione degli individui come entità fondamentalmente dotate di autonomia che si caratterizzano per ciò che potranno esprimere (potenziale o prestazione futura) in presenza di opportuni e adeguati stimoli e non solo per ciò che esprimono (prestazione attuale). Il coaching concretamente si sostanzia in una relazione di aiuto (Bobkin S., 2002), ossia una modalità basata sulla relazione interpersonale attraverso cui il coach aiuta il perfomer a superare gli ‘ostacoli interni’ al fine di migliorare o sviluppare ulteriormente le sue prestazioni, rendendolo protagonista consapevole del proprio processo di apprendimento.

Coaching per gli individui e per le organizzazioni

Nell’attuale contesto le organizzazioni sono compresse tra le pressioni di un mercato sempre più segmentato che esige forme di risposta sempre più personalizzate, le richieste dei vertici finanziari e gestionali di nuove ristrutturazioni organizzative, le nuove esigenze dei lavoratori desiderosi di essere protagonisti consapevoli della vita aziendale ma costretti anche a fare i conti con l’insicurezza fisiologica del posto di lavoro (Kaneklin C., 2001). 

All’interno delle organizzazioni il principio della divisione tra chi decide e controlla e chi esegue è entrato in crisi perché richiedeva processi decisionali molto lenti che risultano invece del tutto incoerenti rispetto alla turbolenza dei mercati attuali. Ad ogni livello oggi le persone devono essere in grado di poter elaborare delle risposte per risolvere nel più breve tempo possibile i problemi là dove si presentano: si assiste in sostanza ad un processo di decentramento progressivo delle responsabilità, di condivisione del potere, di delega di autorità (Bartlett C.A., Ghoshal S., 1997). Questo processo, non esente da legami con il passato che ne rallentano il corso, riconosce quindi alle persone nelle organizzazioni un nuovo ruolo, più autonomo, responsabile, in alcuni casi quasi ‘imprenditoriale’. 

Il coaching può aiutare le organizzazioni e le persone

Il coaching può aiutare le organizzazioni e le persone in questo processo, purché lo si comprenda ed utilizzi per la sua vera natura: non una mera tecnica da applicare secondo un canovaccio stabilito e rigido, ma una relazione d’aiuto dinamica finalizzata alla crescita delle persone ed allo sviluppo delle loro prestazioni.

Numerosi studi hanno evidenziato i vantaggi che un’azienda deriva dall’introduzione del coaching al proprio interno e che gli individui all’interno dell’azienda derivano dall’essere seguiti da un coach (Cunningham R., 2001).

A livello organizzativo l’introduzione del coaching implica un deciso cambiamento culturale da parte dei vertici aziendali, dei manager e degli stessi collaboratori. Si tratta in sostanza di modificare la concezione dell’essere manager e dell’essere collaboratore: il primo deve farsi carico dello sviluppo delle proprie risorse al fine di migliorarne le prestazioni, il secondo deve entrare nell’ottica di una maggiore responsabilizzazione e consapevolezza del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione. In questo senso si attiva un circolo virtuoso che, pur mantenendo la distinzione dei ruoli e delle responsabilità, porta il manager a lasciare alle risorse maggiori spazi di autonomia, potendosi concentrare sulle proprie attività non delegabili e potendo accrescere la propria legittimazione all’interno dell’organizzazione, ed il collaboratore a sentirsi protagonista più responsabile e motivato del proprio lavoro.

Diventa uno stile manageriale diffuso all’interno dell’azienda

E’ evidente inoltre che se il coaching diventa uno stile manageriale diffuso all’interno dell’azienda, questo consente di attivare nei fatti un potente processo di formazione interna ‘sul campo’ (Douglas T. e altri, 1999; Goldrab S., 2002) e, contemporaneamente, di costruire o consolidare la cultura aziendale, diffondendo e condividendo i valori, le regole e gli stili più significativi.

Perché l’efficacia del coaching non sia limitata al rapporto tra alcuni manager ed i loro collaboratori, ma abbia un impatto significativo a livello organizzativo, è necessario da un lato che ci sia il commitment del vertice aziendale alla sua introduzione e dall’altro che siano predisposti sistemi di gestione delle risorse umane (inserimento, valutazione, etc.) che siano coerenti con la filosofia del coaching.

L’esperienza dimostra che a livello organizzativo il coaching influenza in modo rilevante la produttività, la qualità, il servizio al cliente e la retention delle risorse migliori (Homan M., Miller L., 2002; Goldgrab S., 2002; Bolch M., 2001). Quest’ultimo vantaggio merita particolare attenzione alla luce della constatazione sempre più diffusa che oggi le persone restano legate ad un’azienda non per ‘fedeltà’ ma in quanto ritengano di avere all’interno di quell’azienda le possibilità per un apprendimento ed uno sviluppo professionale continui nonché spazi adeguati di autonomia e scelta: una delle modalità che può soddisfare queste esigenze è appunto il coaching.

A livello individuale il coaching può avere un duplice effetto positivo.

In primo luogo rende gli individui protagonisti consapevoli del proprio apprendimento e del proprio processo di sviluppo, lavorando sulle già citate dimensioni, oggi critiche, della responsabilizzazione ed autonomia.

Inoltre il coaching attiva meccanismi di sviluppo di specifiche competenze ed abilità e, quindi, delle prestazioni attraverso la riflessione su di sé e sulle proprie esperienze, rimanendo così ancorato alla realtà ed alle esigenze delle persone coinvolte (Thach L., Heinselman T., 1999; Douglas T. e altri, 1999; Sharma R., 2001). La realtà dimostra che le persone che lavorano con un coach generalmente diventano più efficaci nelle relazioni con i colleghi e con i clienti, in quanto sono stimolate a sperimentare nuovi comportamenti, definendo in modo più chiaro chi sono e che bisogni hanno e superando i propri attuali limiti (Homan M., Miller L., 2002).

Coaching per le organizzazioni

Prima di approfondire l’analisi delle finalità e dei contenuti del coaching, è opportuno distinguere due tipologie di coaching in base ai possibili clienti o fruitori.

Parliamo di coaching individuale nel caso di un’azione di coaching realizzata da un consulente esterno e finalizzata a supportare una persona che lavora, a qualunque livello, in un’azienda, sempre con l’obiettivo ultimo di garantirne l’efficienza in termini professionali.

La forma più tipica di coaching individuale, l’executive coaching o coaching per profili quali i top manager o i dirigenti, è tendenzialmente affidato a consulenti esperti che affiancano la persona in funzione di sostegno ed aiuto nell’attività di riflessione su di sé e di riprogettazione del proprio ruolo o della propria azione manageriale. Spesso infatti i top manager, proprio in considerazione della posizione organizzativa e della lunga esperienza sul campo, hanno maggiore difficoltà ad individuare da soli eventuali spazi di ulteriore sviluppo o modalità diverse per affrontare le situazioni problematiche e le nuove sfide. Inoltre il confronto con i colleghi di pari esperienza spesso è evitato in quanto non c’è sufficiente confidenza poiché “quando sei al vertice dell’azienda non c’è nessuno con cui ti senti sicuro di poter parlare” (Walters R., 2001). Un coach esperto ed esterno può aiutare il dirigente a soddisfare entrambe queste esigenze.

About Samuel Pes

Appassionato di storia e di geopolitica, di lettura e di cinema. Il più grande desiderio? Diventare giornalista freelance.

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