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Misurare il tempo nell’antichità

La misurazione del tempo è un fenomeno complesso che fonda le sue radici nell’antichità. Si passa dai calendari alle clessidre, sino ad arrivare al famosissimo orologio.

All’epoca dell’homo sapiens il tempo era scandito dalle albe e dai tramonti, dal moto apparente del sole e anche della luna. Il ciclo biologico degli esseri umani e quello naturale erano in totale armonia. In un certo senso quindi l’orologio, il misuratore del tempo per eccellenza, è stato dentro di noi. Bene, tutto ciò però a un certo punto della nostra storia non è più bastato: c’era un bisogno concreto di misurare il tempo tramite degli strumenti. Questo bisogno coincide con un passaggio cruciale: la rivoluzione agricola del neolitico (tra il 10.000 e l’8.000 a.C.).

In questo periodo l’uomo è passato dalla caccia e la raccolta a uno stile di vita basato sull’agricoltura e la sedentarietà. Così è diventato possibile accumulare cibo e risorse. Innanzitutto queste scorte dovevano essere organizzate, pianificate e distribuite. Sarebbe stato impossibile farlo seguendo esclusivamente i ritmi naturali! Era importante anche per prevedere momenti di siccità o di fertilità della terra, fondamentali per organizzare semine e raccolti. Quindi è molto probabile che siano nati così i primi calendari.

La nascita dei calendari

I calendari spesso sono collegati con i credo religiosi, i miti fondativi o le necessità imposte dai cambiamenti della terra. Gli antichi Egizi (circa dal 3900 a.C.), ad esempio, avevano un calendario totalmente basato sulle attività agricole. Il calendario partiva esattamente dal giorno in cui la piena del Nilo raggiungeva la città di Menfi, oggi nota come Mit Rahina, che per lungo tempo fu la capitale. L’agricoltura era talmente fondamentale che l’anno era suddiviso in 3 stagioni di 4 mesi proprio sulla base del Nilo: la stagione dell’inondazione, quella della terra uscita dalle acque e quella del raccolto.

E poi, a un certo punto…nasce la settimana! Siamo in Mesopotamia, durante il regno babilonese di Hammurabi nel 1800 a.C.. E’ qui che nasce la scansione settimanale basata sulle giornate dedicate ad eventi sacri. Un po’ come l’odierna tradizione legata alla domenica in molti paesi occidentali o lo shabbat, il sabato, per la tradizione ebraica.

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La divisione del giorno in 24 ore

Arriva poi una nuova rivoluzione: il giorno è diviso in 24 ore, ogni ora in 60 minuti e ogni minuto in 60 secondi. Questo è opera dei Caldei e gli Assiro-babilonesi intorno al VIII sec a.C.. Sempre questi geni degli Assiro-Babilonesi inventarono anche la suddivisione dell’angolo giro in 360 parti uguali. Il sistema sessagesimale viene inventato qui, il secondo è tutt’ora l’unità fondamentale di misura del tempo nel Sistema Internazionale!

A pochi secoli di distanza fece la sua comparsa il calendario ebraico che fu adottato con molta probabilità tra il VII e il VI sec. a.C. (periodo noto proprio come la cattività babilonese). Il loro Anno Zero coincide con il nostro 3761 a.C. perché per loro è l’anno della creazione del mondo. Ancora oggi questo calendario tradizionale è utilizzato dagli ebrei ortodossi. Se oggi in Israele chiedessimo a un passante in che anno siamo, la risposta sarebbe nell’anno a cavallo tra il 5782 e il 5783.

Dal calendario Giuliano a quello Gregoriano

Andiamo avanti fino al 1 secolo a.C. qui troviamo il calendario Giuliano, quello dell’antica Roma. L’Anno Zero corrisponde al 753 a.C.. Secondo la mitologia romana il calendario, composto da 12 mesi, fu istituito da Romolo in persona in occasione della fondazione di Roma. In realtà la data di nascita della città, proprio il 753 a.C., venne stabilita in periodo repubblicano sotto il governo di Giulio Cesare (46 a.C.) da cui deriva proprio il nome del calendario. Curiosità: se per noi c’è un a.C. e un d.C., per il calendario giuliano c’erano un pre-fondazione della città di Roma e un post. Qualsiasi data era espressa con la famosa dicitura “ab urbe condita” ovvero “dalla fondazione della città”.

Nell’XI sec. d.C. venne definito il calendario Persiano, noto anche come calendario solare dell’Egira. Questo calendario è stato reinserito in Iran solo nel 1922 ed è ancora oggi in uso. L’anno zero in questo caso è spostato in avanti perché legato alla religione islamica. Il calendario parte infatti dal 16 luglio del 622 d.C. data dell’Egira ovvero il momento in cui il Profeta Maometto compì il viaggio da La Mecca verso Medina. Oggi dunque in Iran si è nell’anno 1401.

Nel sedicesimo secolo nasce il calendario utilizzato ancora oggi dalla maggior parte della popolazione mondiale: il calendario Gregoriano, che si basa su quello Giuliano, ma Papa Gregorio XIII lo modificò nel 1582. Però il concetto di a.C. e d.C. non viene fuori da Papa Gregorio XIII, ma circa 1000 anni prima da Dionigi il piccolo, un monaco cattolico. In altre parole il nostro anno zero è ricostruito intorno al 525 d.C..

Strumenti per misurare il tempo: le clessidre

Lo strumento di misura del tempo più antico mai documentato è una meridiana dell’antico Egitto, sì sempre loro, datata intorno al 1500 a.C.. Concettualmente si tratta dell’utilizzo dell’ombra di un bastone o di un’asta per capire quanto tempo mancasse all’arrivo della notte. Il sole gira, l’ombra si muove su una sorta di quadrante di orologio che, appunto, segna l’ora. All’incirca nello stesso periodo si sono sviluppate anche le clessidre. Sicuramente la prima immagine che ci viene in mente è quella delle clessidre con la sabbia, ma inizialmente a scorrere da un vaso all’altro c’era dell’acqua. Infatti la parola clessidra proviene dal termine greco klepsydra (kleps “ruba”, ydra “acqua”).

La primissima clessidra mai rinvenuta è sempre un’opera egizia: la clessidra di Karnak che risale al tempo del Faraone Amenofi III tra il 1390 e il 1350 a.C.. Seguendo la nostra linea del tempo arriviamo al momento in cui nacquero gli orologi ad acqua; era il III sec. a.C.. Famosissimo è quello Ctesibio che funzionava col passaggio dell’acqua attraverso dei meccanismi composti da recipienti, pistoni e ruote dentate.

Dopodiché arrivano le clessidre, quelle di sabbia! Queste non avevano bisogno di continuo rifornimento come quelle ad acqua, quindi erano letteralmente portabili. In più la sabbia non rischiava di subire passaggi di stato al variare della temperatura, l’acqua invece si poteva ghiacciare con temperature troppo basse. Furono queste le motivazioni del loro enorme successo. Sull’ invenzione delle clessidre a sabbia c’è meno chiarezza rispetto alla loro versione originale ad acqua. Secondo alcuni studiosi nascono anch’esse per mano degli antichi egizi, secondo altre ipotesi furono un’invenzione molto più tarda dei monaci francesi durante l’Alto Medioevo (476 d.C. – 1000 d.C.).

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L’arrivo degli orologi veri e propri

Ci siamo: dopo migliaia di anni di evoluzione arriviamo allo strumento che scandisce il tempo delle nostre vite: l’orologio. La parola “orologio” si traduce in inglese con “clock” e questo termine a sua volta deriva dal tedesco “glocke” che vuol dire campana. Per secoli in Europa erano proprio le campane delle chiese e dei monasteri a fare da riferimento temporale durante la giornata. Dopodiché alla fine del medioevo comparvero proprio sui campanili e sulle torri delle città i primi enormi orologi che erano delle vere e proprie opere d’arte.

L’uomo aveva un nuovo bisogno: nei centri urbani si stavano sviluppando i primi luoghi di commercio e scambio. Il mercato richiedeva più puntualità. Bisognerà attendere per veder comparire la lancetta dei minuti all’interno agli orologi, siamo verso la fine del 1600. E poco dopo appare quella più piccola per i minuti e secondi. Pensate che Galileo Galilei usava ancora il battito cardiaco per contare il tempo durante i suoi primi esperimenti!

Ma l’orologio fa il vero e proprio boom con la rivoluzione industriale (1760-1840 d.C.). E’ qui che il tempo pervade tutti gli aspetti della vita e diventa disponibile e uguale per tutti. Migliaia di orologi vengono affissi prima nelle fabbriche e nei luoghi pubblici delle città, poi nelle case e alla fine arrivano nei taschini e sui polsi di milioni di persone.

About Stefania Fanni

Ciao! Sono Stefania e studio scienze della comunicazione. Mi piace perdermi tra le pagine di un libro o in qualche sala cinematrografica. Il mio unico vero amore rimane comunque il disegno e sogno di diventare un'artista.

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