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Rizzo: maculopatia servono 1-8 iniezioni all' anno se ne fanno 2-4

Rizzo: maculopatia servono 1-8 iniezioni all’anno, se ne fanno 2-4

Intento ridurre il numero di iniezioni

L’obiettivo dei trattamenti per la maculopatia senile (Amd dall’inglese Age-related macular degeneration) è “diminuire la quantità delle iniezioni, avere un medicinale maggiormente utile e duraturo, per dare una maggiore aderenza alla cura”. Negli studi clinici si eseguono“ da 1 a 8 iniezioni l’anno, nella vita reale da 2 a 4. I pazienti sono sotto trattati”, cosa che riduce l’efficacia delle cure. Afferma Stanislao Rizzo, direttore di Oculistica all’università Cattolica e Policlinico Gemelli Irccs, partecipando al workshop online ‘Degenerazione maculare legata all’età, bisogni emergenti e politiche sanitarie determinanti per un’assistenza basata sul valore’ effettuato con la donazione non condizionato di Roche Italia.

Maculopatia senile malattia persistente e previsioni sul numero dei pazienti

“La maculopatia senile (Amd, dall’inglese Age-related macular degeneration) – spiega lo specialista – è una patologia cronica della retina e la prima causa, in occidente, di deficit visivo nelle persone che hanno un’età maggiore di 65 anni. Nel 2040 si pensa che i pazienti maculopatici siano 288 milioni : è una malattia che purtroppo colpisce una quantità di persone molto elevata .Si potrebbe parlare addirittura di pandemia termine che indica la portata della malattia ”.”Il paziente – continua Rizzo – va dall’oculista quando ha difficoltà nella lettura, nella guida, nel’ identificare i lineamenti dei propri cari”.

Le ripercussioni che questa patologia ha sulla vita delle persone

Questa situazione ha conseguenze sulla qualità della vita che ha ripercussioni anche dal punto psicologico. “Questa ipovisione, porta i pazienti ad incorrere purtroppo ad incidenti domestici, rischiando anche cadute. Il paziente perde la fiducia in se stesso e si scoraggia”.

Cosa sono i drusen e che tipo di disturbi portano

“La maculopatia – afferma l’esperto – è caratterizzata, nel periodo iniziale, da un accumulo di drusen, elementi di scarto che sia ammassano sotto la macula, la zona centrale, la parte più importante della retina, provocando due tipi di disturbi” che si mostrano nella forma secca e umida. La forma ‘secca’ porta ad una diminuzione della visione centrale. “La maculopatia ‘umida’ – prosegue – è tale per la presenza di aumento abnorme del liquido nei tessuti dovuto alla creazione di vasi sanguigni (neovascolarizzazione) che possiedono una parete irregolare che è assorbibile dal sangue e dal liquido dei vasi, provocando essudazione”. La maculopatia – è venuto fuori nel corso del workshop – non causa cecità, ma a porta ad ipovisione che mina in maniera considerevole la qualità della vita .

Le prime cure iniziate circa quarant’anni fa e la svolta a metà degli anni 2000

Durante gli anni 80 –rammenta Rizzo -abbiamo iniziato con le prime cure, ma la svolta è giunta nel 2006 con la comparsa della terapia anti -Vegf (Vascular endothelial growth factor), il fattore di crescita vascolare” che, inoculata a livello intravitreale, diminuisce la creazione dei vasi sanguigni nella macula.

La situazione in tempi recenti

“Dal 2019 stiamo scrivendo una nuova epoca per la durata d’azione delle cure – continua – Oggi, lo dimostrano numerosi studi, queste terapie fanno diminuire fino al 50% il pericolo di cecità che, in un mondo ideale, arriva al 70%”. Ma “una cosa sono gli studi clinici (trial) randomizzati, e un’altra la vita reale’. Negli studi clinici infatti si va da 1 a 8 iniezioni l’anno. Nella vita reale da 2 a 4”, con significativi risvolti clinici. “Abbiamo notato – sottolinea Rizzo – che se la retina avvicenda situazioni di asciutto a stati di essudato, si provoca fibrosi”, situazione che deteriora la vista.

La riduzione delle iniezioni porta alla diminuzione di due problemi

Le cure “devono diminuire il numero delle iniezioni”, secondo il direttore perché “ci sono 2 tipi di problemi. Uno riguardagli ospedali” che per situazioni organizzative non possono assicurare il trattamento di conservazione con almeno 8 iniezioni l’anno. Dall’altro” si deve ponderare l’impegno del “dei familiari che accompagnano il paziente, visto che non è indipendente”, portando ad un aumento dei costi indiretti riguardante la perdita di giori di lavoro e “lunghe distanze da fare per arrivare al centro di cura. Oggi – conclude Rizzo – abbiamo nuovi anti-Vegf, medicinali che lavorano con meccanismi diversi, terapie genetiche che bloccano la sintesi del fattore di sviluppo endoteliale inoltre è accessibile un trattamento che consente 2 sole iniezioni l’anno”.

About Giorgio Saitz

Appassionato di calcio a livello enciclopedico con la passione per l'economia e la giurisprudenza

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