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Attività turistiche e ricreative in spiaggia, sostenibili?

Il Consiglio Direttivo della sezione sarda della Società Botanica Italiana interviene in merito al dibattito relativo alla sostenibilità ecologica delle attività turistiche e ricreative sui sistemi costieri, in particolare spiaggia e dune.

Il dibattito a livello nazionale si è acceso soprattutto sulla base delle polemiche relative al Jova Beach. Può essere utile per capire cosa fare in caso di impatto causato da migliaia, ma anche da solo poche persone. La domanda è sempre la stessa, proteggere l’ambiente circostante o lasciare libertà d’azione alle imprese e alle attività turistiche e ricreative?

Le nostre spiagge possono diventare impresa turistica che produce profitti e posti di lavoro, ma a patto che gli specialisti entrino in spiaggia per valutare quanto e come si può intervenire su un ecosistema davanti al mare. È la posizione del consiglio direttivo della sezione sarda della Società Botanica Italiana. Molte pubblicazioni scientifiche documentano il declino degli ecosistemi costieri parallelamente all’incremento della pressione turistica sui litorali. Il rischio riguarda ormai l’80% dei sistemi sabbiosi, ma non per forza è necessario agire con un divieto totale.

Le dichiarazioni

“A parte poche eccezioni relative ad attività intrinsecamente negative le attività turistiche e ricreative che generalmente vanno ad insistere sui sistemi costieri non sono intrinsecamente incompatibili con la gestione sostenibile della biodiversità e del capitale naturale dei nostri ecosistemi. Dipende soprattutto da quante attività insistono su un certo ecosistema, dove sono localizzate e quanto carico di utenza portano. In sintesi la sostenibilità dipende soprattutto da come queste attività vengono gestite”.

“Nella percezione collettiva, una distesa di sabbia bianca priva di plastica, ma anche priva di piante e di depositi di Posidonia, è una spiaggia in salute. In realtà lo stato di salute di un sistema dunale si valuta su un insieme variegato di indicatori. Indicatori biotici e abiotici, che sono misurabili e quantificabili solo da tecnici specializzati, ad iniziare dai laureati nelle discipline delle scienze naturali e ambientali. Bisogna valutare tante cose: la pulizia meccanica degli arenili, l’apertura di strade e parcheggi, l’inquinamento acustico e luminoso (dannoso soprattutto per la fauna), l’introduzione di piante ornamentali esotiche (talvolta invasive)”.

“Per trovare una via d’uscita a questo dibattito – insistono gli esperti – non c’è alternativa che quella di rivolgersi agli specialisti. La compatibilità di una determinata attività economica, va determinata su basi oggettive (dati scientifici) da organismi terzi rispetto a chi tutela l’interesse collettivo e a chi tutela l’interesse del privato cittadino o dell’impresa”.

La sezione sarda della Società Botanica Italiana invita anche le associazioni ambientaliste al dibattito costruttivo. Chiede ai Comuni, alle Province e alla Regione di avviare piani pluriennali di monitoraggio ambientale in tutti i sistemi dunali sardi. Il discorso vale anche per quelli urbani e quelli non inclusi nella Rete Natura 2000, coinvolgendo gli enti di ricerca, le società scientifiche e soprattutto i giovani laureati. 

About Marta Collu

Appassionata di storia dal 1996, amo scrivere da quando ho memoria. Quando non ascolto i podcast di Barbero ascolto le playlist più disparate in base all'umore del giorno (e ovviamente Unica Radio). Lavoro come animatrice in una casa di cura e provo ad affrontare il mondo con gentilezza.

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