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Luca Locci, racconta il suo rapimento di quando aveva 7 anni

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Luca Locci, racconta il suo rapimento di quando aveva 7 anni
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Il protagonista di uno dei rapimenti più crudeli racconta i tre mesi trascorsi con i banditi. Aveva 7 anni

Luca Locci, il bambino di 7 anni che nell’estate del 1978 finì nelle mani dell’anonima sequestri che lo tenne prigioniero per tre lunghi mesi finché non venne pagato il riscatto. Il libro, uscito appena due mesi fa, ha riscosso un autentico successo e a breve si dovrà procedere alla ristampa per soddisfare i lettori e i tanti curiosi che vogliono conoscere nei minimi dettagli il triste periodo legato ai sequestri di persona. 

Il libro racconta una storia reale, con tutta la sua inaudita crudeltà, ricca di particolari sulla prigionia e sulle trattative tra banditi e emissari. «Non è un romanzo e racconta i fatti senza alcuna invenzione né artefatti – dice Luca Locci – quanto viene riportato nel libro è tutto reale, vissuto sulla mia persona e su quella dei miei familiari».

IL SEQUESTRO LUCA LOCCI - Ulule

Era il 24 giungo del 1978 quando il figlio di un noto imprenditore del settore automobilistico di Macomer (Franco Locci) venne portato via dai banditi. Luca è un bambino felice che trascorre i pomeriggi al mare. Anche quel fatidico giorno era appena rientrato a Macomer da Bosa e si era trattenuto in strada a giocare con gli amichetti. In giro oltre a loro non c’era anima viva in quanto tutti stavano seguendo in televisione la partita di calcio fra Brasile e Italia valida per il campionato mondiale. Luca stava giocando con la bicicletta quando sulla strada, davanti alla casa dei genitori, fecero irruzione i banditi che lo caricarono su un auto (una Fiat 131) e lo portarono via. Farà ritorno a casa a 7 anni e mezzo.

L'ex ostaggio Luca Locci racconta il suo rapimento in un film: il sequestro  era avvenuto nel 1978 a Macomer | Ogliastra - Vistanet

Il libro

Era il 24 giugno 1978, io, mio fratello e mia madre stavamo rincasando dopo una giornata trascorsa al mare nella nostra casa di Bosa Marina. Durante il tragitto notammo qualcosa di strano: una Fiat 128 ci seguiva a breve distanza, superandoci e facendosi superare, ma non demmo molto peso alla cosa anche perché a circa dieci chilometri da Macomer ci superò e sparì.Arrivati a destinazione, erano circa le 19:00 (quindi c’era ancora luce) mio fratello e mia madre salirono a casa; dissi a mia madre che rimanevo a giocare con i miei amici e che da lì a dieci minuti sarei salito anch’io; quei momenti che invece si rivelarono fatali.

Le vie del paese si andavano spopolando in quanto stava per iniziare la partita di calcio Italia-Brasile, valevole per il campionato mondiale; si sa bene che il calcio in Italia è collocato al primo posto in qualsiasi classifica, ma non per me che già da allora ero un grande appassionato di automobilismo.

Saranno passati cinque, forse dieci minuti quando vidi venirmi incontro a forte velocità una Alfa Romeo Giulia colore amaranto con quattro persone a bordo; intuii – fu una sensazione rapida e dolorosa che mi attraversò il cervello – che qualcosa stava succedendo, anche se per una frazione di secondo pensai con disperazione che non fosse quella.

Ora so che la mente può essere attraversata da considerazioni fulminee, e capisco che in un attimo si presentarono paure alimentate da racconti e da raccomandazioni che talvolta mi si facevano, ero immobilizzato dal terrore; uno degli occupanti scese dalla macchina, era tinto di nero in faccia e portava dei grossi occhiali da sole tipo Ray-Ban e un mitra tra le braccia…”

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