Nel report si evidenziano i problemi delle imprese sarde nella crisi sanitaria: costi energetici, mancanza di liquidità, difficoltà di accesso ai finanziamenti
La ridotta capacità produttiva delle imprese isolane rischia di rallentare la crescita economica regionale alimentando una fase di inflazione
II 37% delle imprese ha ridotto gli addetti, gli spazi o gli impianti (la media nazionale si ferma a circa il 30%). Parliamo del secondo dato più elevato tra tutte le regioni italiane (alle spalle del Trentino-Alto Adige).
Solo il 38% degli imprenditori sardi guarda con fiducia alla prima parte del 2022
Il rincaro della bolletta elettrica rappresenta uno degli elementi di maggiore criticità per oltre l’11% delle imprese regionali. Dato ancora più significativo dal momento che l’indagine sia stata compiuta appena prima dell’eccezionale rincaro dell’energia.
Oltre un quinto delle imprese indica la mancanza di liquidità e la difficoltà di accesso al credito come una delle principali criticità
A giugno 2021 il tasso di interesse medio pagato dalle imprese sarde era uno dei più elevati in Italia
Il 26% delle imprese è dovuto ricorrere a crediti con garanzia pubblica per finanziare l’attività corrente. Lo scopo è di aumentare le scorte di liquidità in via precauzionale o riparare debiti in essere
Tomasi e Porcu (CNA): Sul caro energia ci attendiamo un immediato intervento del governo che compensi parte dei costi sostenuti dalle aziende; sulla carenza di liquidità la Regione istituisca “un Fondo Rotativo di piccolo Credito” per le imprese di piccola dimensione. Queste sono infatti le più esposte alle restrizioni sul credito.
La ridotta capacità produttiva delle imprese sarde a causa della pandemia rischia di rallentare la crescita economica regionale alimentando una fase di inflazione già innescata dalla crescita dei costi energetici.
Proprio l’aumento delle bollette, insieme alla mancanza di liquidità e alla difficoltà di accedere ai finanziamenti, sta mettendo a serio rischio la tenuta di molte attività economiche.
È quanto si evince da una delle ultime indagini dell’Istat; l’indagine ha analizzato l’impatto economico e finanziario dell’emergenza COVID-19 su un campione di attività economiche con più di tre addetti nei settori industria e costruzioni, commercio e servizi. L’indagine – svoltasi a novembre 2021 dopo analoghe rilevazioni compiute dall’Istituto a maggio e novembre 2020 – è stata analizzata dal Centro studi della Cna per capire in quale misura il sistema delle imprese sarde abbia pagato le conseguenze del biennio di crisi sanitaria.
In Sardegna le imprese con più di tre addetti sono infatti circa 23.300; impiegano oltre 197 mila occupati, pari a circa il 65% del totale. In un recente studio condotto dalla CNA si è evidenziato come nel biennio pandemico (2020-2021) l’economia regionale abbia pagato, in termini di calo del prodotto interno lordo, un dazio pesantissimo. L’anno appena passato ha fatto registrare una ripresa nettamente inferiore della media nazionale (+4,1% contro il +6,5% stimato per l’economia italiana). L’indagine dell’Istat fornisce le prime indicazioni sulle aspettative delle imprese regionali per la prima parte dell’anno appena iniziato.
Le conseguenze della pandemia sul sistema economico sardo
In base alla ricerca solo il 38% degli imprenditori isolani si attende un andamento dell’attività solido nella prima parte di 2022. Dato in linea con la media delle regioni del Mezzogiorno ma significativamente inferiore al dato nazionale (41,3%). Le imprese isolane delineano, quindi, un contesto economico regionale ancora incerto e che non riesce a tenere il passo con i buoni ritmi di crescita dell’economia italiana.
Il nodo centrale, in questa delicata fase, riguarda la perdita di capacità produttiva delle aziende sarde. Un biennio di forte incertezza economica, caratterizzato da blocchi forzosi dell’attività e da misure di distanziamento che hanno influenzato negativamente la domanda aggregata in molti settori economici (turismo, ristorazione, servizi alla persona, eventi, cultura, etc.) ha infatti obbligato molte imprese regionali a ridimensionare la propria capacità produttiva (riduzione degli addetti, degli spazi o degli impianti); lo indica circa il 37% delle imprese intervistate, una percentuale abbondantemente superiore alla media nazionale (che si ferma a circa il 30%), un dato che risulta il secondo più elevato tra tutte le regioni italiane (alle spalle del Trentino Alto Adige).
In un contesto di crescita dei costi energetici (con le imprese che escono dal biennio pandemico in forte crisi di liquidità) il rischio è che la ridotta capacità produttiva, specialmente in settori trainanti in questa fase (come costruzioni o settore ricettivo-turistico) alimenti la spirale inflazionistica.
Proprio il tema del rincaro della bolletta elettrica rappresenta uno degli elementi di maggiore criticità per le imprese regionali.
Lo ha indicato oltre l’11% degli operatori (dopo il Friuli-Venezia Giulia, la quota più elevata nel panorama regionale italiano), nonostante l’indagine sia stata compiuta appena prima l’eccezionale rincaro dell’energia. Parte della crescita dei costi energetici si trasmetterà nei prezzi alla produzione.
D’altra parte, per molte imprese sarde una delle problematiche del 2022 sarà proprio l’incapacità di fare fronte ai costi operativi (tra cui i costi dell’energia). Le cause sono la mancanza di liquidità e difficoltà di accesso al credito; oltre un quinto delle imprese intervistate dall’Istat le indica come le principali criticità (un dato da confrontare con il circa 16% del dato medio nazionale).
D’altronde a giugno 2021 il tasso di interesse medio pagato dalle imprese sarde è uno dei più elevati tra tutte le regioni italiane.
In questo contesto il sistema delle garanzie pubbliche per il credito ha fornito un supporto determinante. Interrogati sull’importanza di questo strumento come fattore di sostegno o traino per l’attività di impresa nel 2021, il 26% degli imprenditori hanno infatti indicato che la garanzia pubblica per il credito ha rivestito un ruolo fondamentale; una percentuale inferiore nel panorama italiano soltanto a quella registrata in Calabria e Basilicata (18% è la media nazionale).
I motivi che hanno indotto le imprese sarde a richiedere prestiti con garanzia pubblica sono, in misura maggiore rispetto ad altri contesti territoriali, la necessità di finanziare l’attività corrente, l’aumento delle scorte di liquidità a scopo precauzionale e la necessità di riparare debiti in essere o la componente di servizio del debito.
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