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Disturbi del sonno
disturbi del sonno

Covid. Disturbi del sonno:

Il 50% della popolazione italiana soffre di disturbi del sonno a causa del confinamento sociale imposto dalla pandemia da Covid-19

Il 19 marzo come ogni anno ricorre la Giornata Mondiale del Sonno. Un appuntamento che ha lo scopo di sensibilizzare la popolazione sull’importanza del sonno oggi sempre più condizionato da ansia e stress. Una problematica in continua crescita anche a causa del confinamento sociale imposto dalla pandemia da Covid-19. Ma quali sono i numeri del problema in Italia? Quando non è un problema transitorio ma cronico? E quali sono le strategie terapeutiche e comportamentali da mettere in campo con l’aiuto dello specialista? L’agenzia di stampa Dire ne ha parlato con il dottor Alfonso Mastropietro, specialista in neurologia della Sleep Clinic a Torino. 

Avere un sonno ristoratore non è così scontato

Dormire un adeguato numero di ore è fondamentale per l’equilibrio psicofisico. Ma avere un sonno ‘ristoratore’ non è così scontato. Molte persone lamentano disturbi acuiti anche dal periodo difficile che stiamo vivendo ormai da un anno. Quali sono i numeri del problema in Italia? Quanto tempo deve trascorrere dall’esordio della sintomatologia prima che il paziente si rivolga a un centro specializzato?
“I numeri dell’insonnia erano dei numeri importanti già prima della pandemia da Covid-19. Il confinamento sociale imposto dalla pandemia ha creato nuovi modelli psicopatologici legati ai disturbi dell’ansia. Ma anche ai disturbi dell’umore, ai disturbi post traumatici da stress, e tutti sono in crescita. Voglio precisare che l’insonnia non è una malattia ma è un sintomo se non in casi come la narcolessia. Le percentuali abituali in questo momento storico perciò salgono al 50%. È importante rivolgersi subito allo specialista per ricevere delle cure.

Quali sono gli esami che coadiuvano lo specialista per eseguire una corretta diagnosi?
“Ci sono dei test che valutano la qualità e il tipo di sonno però non sono come l’anamnesi clinica eseguita dallo specialista. Altro tema è se il tipo di insonnia è legato a problemi secondari di tipo respiratorio. Per la tipologia più comune è fondamentale il colloquio con il paziente per valutare se il soggetto avesse gia’ dei fattori predisponenti.

L’aggravante dei disturbi del sonno può essere il confinamento che stiamo vivendo

Dormire poco o male per un periodo transitorio non è ottimale. Quali sono le ricadute invece sulla mente e sul corpo se l’insonnia si cronicizza?
“Le ricadute sono importanti. Il problema non è solo quello di non dormire la notte ma avere sonnolenza, disturbi dell’umore, compromissione del funzionamento lavorativo e sociale durante tutto l’arco della giornata. Il fattore aggravante può essere proprio il confinamento che ognuno di noi sta vivendo. L’architettura del sonno perciò viene alterata e i sogni, soprattutto la fase di sonno profondo in cui si ha un completo abbandono della coscienza. Ogni giornata è uguale all’altra, e così non abbiamo la possibilità di ‘accumulare’ i nostri ricordi. L’architettura del sonno alterata per lungo tempo può dare non solo un disturbo dell’umore ma generare ansia cronica. A quel punto più che l’insonnia va trattata la patologia che sottende il disturbo del sonno come la depressione e i disturbi dell’ansia”.

Tre tipi di trattamenti farmacologici o naturali come la melatonina

Esistono dei trattamenti farmacologici di ultima generazione che possono essere consigliati oppure altre metodiche alternative in grado di combattere il problema?
“Il problema in acuto, nel caso di insonnia transitoria si tratta di solito con tre tipi di trattamenti farmacologici che possono essere. Partiamo dalle benzodiazepine a breve emivita che servono ad indurre sia l’addormentamento che il prolungamento del sonno. In questo modo si riducono così i livelli di ansia prima del momento dell’addormentamento. Poi ci sono le ‘zeta drugs’ ipnoinducenti che non agiscono sull’ansia ma solamente sull’addormentamento. Hanno una durata brevissima tanto che dopo 20 minuti vengono metabolizzati dall’organismo del soggetto. Il prodotto più ‘naturale’ che ha un’azione anti aging e antiossidante è la melatonina con un dosaggio dai 2 ai 5 milligrammi altrimenti e’ inefficace. La nostra produzione endogena di melatonina si riduce drammaticamente dopo i 40 e i 50 anni. 

 Ugualmente importante è l’educazione al sonno. E’ una buona abitudine bere tisane serali, dormire in ambiente per quanto possibile confortevole e seguire anche i propri ritmi personali del sonno. Ci sono persone definite ‘allodole’ e altri ‘gufi’, bisogna assecondare la propria natura. Infine, pratiche come lo yoga e la mindfulness possono migliorare il problema ma non possono bastare chiaramente se si soffre di un danno strutturale e neuropsichiatrico”.

Ci sono cibi che possono contribuire al miglioramento del sonno che vuole consigliare a chi ci segue?
“Sicuramente curare la scelta degli alimenti è una strategia. Consumare una cena leggera, evitare carboidrati dopo il pomeriggio e ridurre la carne rossa di sera perché tendono a far rimanere svegli. E poi, come sappiamo, sono da bandire le sostanze eccitanti come il caffè o il thè”.

About Veronica Delia Schirru

Sono una studentessa in Beni Culturali nella facoltà degli Studi di Cagliari. Amante dell'Arte e affascinata dalla storia del passato.

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