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Assistenti Virtuali, privacy e progresso sulla bilancia

È ormai da parecchi anni che gli assistenti virtuali hanno incominciato ad essere presenti in grande quantità nelle nostre case.
la prima società ad inserirne uno sul mercato è stata Apple nell’ottobre 2011, mese in cui ha presentato Siri.

 

Come funziona?

Tre anni dopo, nel 2014, è arrivato il turno di Alexa e Cortana, rispettivamente gli assistenti virtuali di proprietà di Amazon e Microsoft.
Per ultimi, Assistant e Bixby nel 2017, di Google e Samsung.
Il funzionamento avviene per mezzo dei microfoni posizionati in cima al dispositivo. L’utilizzatore pronuncia la cosiddetta “wake word” e lo smart speaker comincia a registrare la richiesta. Successivamente il software “spezza” in più parti il contenuto e lo analizza, dopodiché cerca di trovare delle similitudini con le frasi esistenti nella lingua in uso e infine restituisce una risposta quanto più possibile coerente con la domanda.

Qual è il problema?

Il costo di questi dispositivi è spesso irrisorio. Durante il Black Friday è possibile trovare gli assistenti virtuali Echo Dot e Google Nest Mini a prezzi inferiori a 30 euro. Esiste tuttavia un rovescio della medaglia: come diceva qualcuno: “se pensi che sia troppo bello per essere vero, molto probabilmente hai ragione”, infatti queste società utilizzano le richieste di noi utenti per migliorare il servizio, e fin qui nulla di strano. Il problema messo alla luce dal Prof. Umberto Rapetto riguarda la privacy: cosa fanno queste società con i nostri dati? Li utilizzano anche per scopi di profilazione pubblicitaria? Chi li gestisce? Sono al sicuro?


La realtà è che, ogni volta che ci iscriviamo al portale di riferimento di uno degli assistenti virtuali, ad esempio Amazon per Alexa, ci viene imposto di accettare i termini e le condizioni, pena l’esclusione dall’utilizzo. Tuttavia per abitudine comune siamo inclini a saltare tutte le scartoffie burocratiche perché abbiamo fretta di provare il nostro acquisto e non ci curiamo della nostra tutela.

D’altro canto però, gli assistenti virtuali ci semplificano la vita in diverse circostanze. È possibile ordinare una pizza, prenotare un appuntamento dal parrucchiere, domandare le previsioni del tempo per il giorno successivo ecc.
Inoltre si può gestire in autonomia la domotica della propria abitazione, accendendo e spegnendo le luci delle stanze, attivando o monitorando la lavatrice o il forno e così via.

Cosa si può fare?

Vari marchi, anche noti, si sono immediatamente attivati per creare periferiche subordinate in grado di controllare anche dispositivi datati come TV e condizionatori. Un esempio è il telecomando della BroadLink; questo permette agli utenti di risparmiare parecchi soldi senza privarsi dell’automazione, in quanto “impara” le frequenze infrarosse del telecomando e le invia quando richiesto dall’utente attraverso l’assistente virtuale, senza dover cambiare l’apparecchio televisivo.

Perciò, questi device non devono per forza essere osservati con un’accezione negativa. Tutto dipende dal tipo di uso. Esistono i pro e i contro, come per qualsiasi altra cosa.

About Claudio Marongiu

Laureato in Scienze della Comunicazione, appassionato di elettronica e tecnologia, musicista amatore e viaggiatore