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Qualità dell’aria in Italia, trend in miglioramento negli ultimi 5 anni

Aria più sana in Italia: scendono tutti i valori medi annuali di PM10, PM2,5 e biossido di azoto (NO2) nel periodo 2015-2020.

Qualità aria

Nel 2020, la qualità dell’aria in Italia è generalmente migliorata, confermando il trend registrato negli ultimi cinque anni. È quanto emerge dalle elaborazioni effettuate dal Sistema nazionale di protezione ambientale (Snpa) sui dati rilevati nel 2020 dalle stazioni di rilevamento degli inquinanti atmosferici nelle regioni italiane. 

I dati, da un punto di vista pluriennale, denotano una progressiva diminuzione delle situazioni di superamento dei limiti normativi sia per il particolato (PM10 e PM2.5) sia per il biossido di azoto (NO2). Infatti, nel 2015 la media annua di NO2 superava il limite di 40 microgrammi al metro cubo in 67 (13%) delle stazioni di monitoraggio italiane, mentre nel 2020 in 14 (2%) delle stazioni non rispettano tale parametro.

L’Italia in linea con il resto dell’Europa negli eccessi di particolato

Recentemente l’Italia, anche per i superamenti del limite giornaliero, tra 2008 e 2017, è stata condannata dalla Corte di Giustizia. Oltre alla normativa UE, esistono altri parametri di tipo sanitario, ancora più stringenti, indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità, che rappresentano la situazione ottimale per gli inquinanti dell’aria. In base a queste raccomandazioni, la media annuale di PM10 dovrebbe attestarsi sui 20 microgrammi al metro cubo e i superamenti giornalieri non dovrebbero andare oltre le 3 giornate l’anno.

Come nel resto d’Europa, anche in Italia la concentrazione di particolato è più critica di quella definita dagli standard normativi. Solo il 39% e il 24% delle stazioni fanno registrare valori rispettivamente inferiori a quelli guida per la media annuale di PM10 e di PM2,5. Il 24% delle stazioni non supererebbe il limite di 50 microgrammi al metro cubo per più di 3 giorni all’anno.

Le ragioni dietro i numeri positivi del 2020

Quali elementi possono aver influito sui dati 2020? Come ogni anno, la variabilità meteorologica ha avuto un ruolo importante nelle concentrazioni rilevate e sulla variabilità di breve periodo. I mesi di gennaio, febbraio e novembre, infatti, sono risultati particolarmente critici per la dispersione degli inquinanti in atmosfera. Infatti, le precipitazioni – specialmente nel bacino padano – sono state tra le più basse degli ultimi anni. Ciò ha favorito in particolare il superamento dei limiti sulla media giornaliera di PM10, in numero maggiore rispetto all’anno precedente. Questo fenomeno è più frequente nei mesi invernali, caratterizzati da condizioni meteorologiche normalmente più critiche per la qualità dell’aria.

Gli effetti del lockdown nel 2020, a causa della pandemia COVID-19, si sono fatti sentire maggiormente sugli inquinanti legati alle emissioni da traffico. Molto più marcati, infatti, su NO2, meno evidenti sul PM10. Quest’ultimo è stato influenzato in modo significativo, specie nel bacino padano, dalla presenza della cosiddetta “componente secondaria”. Si tratta di reazioni chimiche fra le varie sostanze presenti nell’aria, quali gli ossidi di azoto, i composti organici volatili e l’ammoniaca (quest’ultima emessa prevalentemente da attività agricole e zootecniche meno influenzate dal lockdown).

Segnali positivi, ma la strada è lunga

Tutte queste valutazioni confermano l’esigenza di continuare a ridurre in modo sinergico e su ampia scala. Bisogna agire non solo sulle emissioni dovute ai trasporti su strada, ma anche tutte le altre emissioni che possono influenzare i livelli di qualità dell’aria: da quelle industriali a quelle dovute alla combustione di biomassa e alle attività zootecniche.

About Fabio Allegra

Studente di Scienze della Comunicazione presso l'Università di Cagliari. Non apprezzo il maestrale.

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