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Associazioni e privacy

Associazioni e privacy: no a una società della sorveglianza

Una dozzina di associazioni per la privacy – anche italiane – chiede all’Europa di mobilitarsi per impedire l’uso indiscriminato di tecnologie per il controllo facciale di massa

Associazioni e privacy: “Quando siamo sorvegliati non ci comportiamo più in maniera naturale e siamo indotti all’autocensura. Quando veniamo classificati siamo giudicati e discriminati”.

La tesi del sociologo David Lyon (“L’occhio elettronico. Privacy e filosofia della sorveglianza”, Feltrinelli, 1997) è diventata lo slogan di una campagna europea che denuncia la sorveglianza biometrica di massa. Dopo i primi esperimenti in parchi e piazze per contrastare la percezione di insicurezza dei cittadini, i dispositivi di sorveglianza stanno aumentando. 

Perciò, per “proteggere la dignità delle persone nello spazio pubblico“, alcuni gruppi per i diritti umani hanno annunciato proprio ieri l’avvio di “Reclaim Your Face. Reclama il tuo volto: mettiamo al bando la sorveglianza biometrica di massa, una campagna di denuncia delle storture dell’uso di sistemi ipertecnologici di controllo a distanza.


 La tecnologia di riconoscimento facciale

Sono gli stessi che negli ultimi mesi hanno mobilitato con successo le loro comunità per bloccare l’uso della tecnologia di riconoscimento facciale.
Gli stessi che – come già facevano i Surveillance Camera Players a New York negli anni ’90 – hanno mappato le telecamere di riconoscimento facciale della città di Belgrado.

Adesso queste associazioni chiedono a tutte le autorità locali e nazionali europee di rivelare i rischi insiti in queste tecnologie e di rifiutare l’uso della sorveglianza biometrica. Il punto da cui partono è semplice: “Non accetteremmo mai che una persona ci seguisse costantemente monitorando e valutando chi siamo. Il riconoscimento facciale, insieme ad altre tecnologie biometriche, agisce proprio in questo modo, trasformando ognuno di noi in un potenziale sospetto“.
 

Criminali e delinquenti

Il tema è caldo. Le telecamere e dispositivi biometrici dovrebbero servire come deterrente per i criminali e facilitare il lavoro della polizia. In realtà numerosi studi dimostrano che la maggior parte dei delitti sono commessi da persone travisate o da delinquenti capaci di far perdere le proprie tracce. Inoltre non ci sono abbastanza ricerche indipendenti a provare che i crimini nelle zone sorvegliate dagli smart objects diminuiscano, al contrario si moltiplicano notizie di abusi delle telecamere.
 
Altri studi dimostrano invece come queste tecnologie amplifichino la discriminazione e siano utilizzate per perseguire persone colpevoli di esercitare i propri diritti. È innanzitutto un problema tecnologico. Alla base delle nuove tecnologie di riconoscimento facciale c’è la machine perception.

Un ricercatore del MIT, Joy Buolamwini, ha dimostrato come le foto di donne di colore quando vengono scansionate dalla tecnologia di riconoscimento facciale vengono scambiate per degli uomini. L’Associazione americana per le libertà civili ha scoperto che il software Rekognition di Amazon identificava i parlamentari del Congresso Usa come pregiudicati. Arvind Krishna di IBM ha invece fatto sapere al Congresso Usa che la sua azienda “Non fornirà più tecnologie di riconoscimento facciale ai dipartimenti di polizia per la sorveglianza di massa e la profilazione razziale.” proprio per il timore che possa “essere utilizzata dalla polizia per violare i diritti umani e le libertà fondamentali.” 

In Europa

In Europa invece, la Commissione è ancora incerta sull’applicazione del divieto sul riconoscimento facciale e continua a finanziare progetti di sorveglianza. E tutto questo senza considerare i rischi legati “a grandi banche dati centralizzate, tecnicamente difficili da gestire, tali da distogliere l’attenzione dalla necessità di indagini mirate.” come diceva nella sua relazione del 2004 il Garante della privacy Stefano Rodotà. Problema attualissimo.
 
Associazioni e privacy: per questo le associazioni chiedono maggiore trasparenza e invitano la società civile a rifiutare l’uso della sorveglianza biometrica. Che potrebbe avere un impatto sui nostri diritti e sulle nostre libertà“. Rivolgendosi all’Autorità Garante per la privacy gli attivisti italiani chiedono di monitorare l’uso di sistemi di riconoscimento biometrico.
 

Il riconoscimento automatico dei volti

Con maggiore determinazione chiedono al Ministero dell’Interno di pubblicare tutte la valutazioni degli algoritmi utilizzati, dei numeri sull’utilizzo del sistema. E aggiungono: “Da due anni rimane ancora aperta l’istruttoria del Garante privacy per valutare l’impiego del sistema SARI. In particolare, nella sua versione Real-Time da utilizzare durante manifestazioni di piazza e negli spazi pubblici.”

Associazioni e privacy: se non si interviene ora, il prossimo passo è quello temuto da due ricercatori LeuferJansen che hanno denunciato l’esistenza di iBorderCtrl. Ossia un progetto finanziato da Horizon 2020, che si basa sulla misurazione delle micro-espressioni facciali per rilevare falsi, bugie e incertezze. 

About Francesca Dessì

Ho 23 anni e una grande voglia di mettermi in gioco

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