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Rino Gaetano con il suo ukulele

Dedicato a…Rino Gaetano, un artista senza tempo

L’indimenticato artista, specchio dell’Italia e dell’italianità popolare degli anni ’70, avrebbe compiuto oggi 70 anni

Canzoni di satira, ma mai di offesa. Canzoni di denuncia, ma non di rancore. Derivazioni dirette del suo vissuto e di ciò che ha visto intorno a lui. Queste sono state le opere di Salvatore Antonio Gaetano, detto Rino, che oggi avrebbe compiuto 70 anni.
Figlio della gente del Sud, nobile d’animo e non di titolo, introverso e imprevedibile come loro, gente onesta e che si sacrifica per lavorare. E come molti di loro, alla ricerca di lavoro prende un treno insieme alla famiglia originaria di Cutro, nel crotonese, e vanno a vivere a Roma. All’epoca Rino ha 10 anni.

A Roma, in quel paese né al Nord né al Sud, dove le caratteristiche culturali e pittoresche dei due estremi vengono mischiate fino alla confusione. O, se vogliamo, non riescono nemmeno a scalfire l’identità dei suoi cittadini. Un posto quindi dove si può notare probabilmente il maggior livello di italianità pura caratteriale, carattere che impregnerà le canzoni di Rino, musicalmente e liricamente.
Viste le difficoltà economiche e logistiche della famiglia, che non ha tempo per potersi occupare al meglio della sua adolescenza, viene mandato in collegio a Narni per fare le scuole medie. Dai frati vive in disparte, non partecipa molto ai giochi dei coetanei. Preferisce osservare la natura, sempre sovrappensiero e scrivendo i primi appunti da cui prenderanno forma alcuni dei suoi successi.

Rino Gaetano ai tempi del collegio

I primi passi nel mondo dello spettacolo

Rino incarna perfettamente la figura dell’istrionico, solitario e desideroso di attenzioni e di comprensione. Colui che nella vita riservata è riservato e schivo, ma che davanti a un grande pubblico riesce a dare il meglio di sé. Tornato a Roma, comincia a suonare come bassista in un complessino, i Krounks, e inizia a frequentare il Folkstudio di Roma, club di musica d’autore e sperimentale, dove si esibivano già artisti del calibro di Venditti, De Gregori e Bassignano.

Nel frattempo si diploma in ragioneria. Il padre voleva che andasse a lavorare in banca, per avere uno stipendio fisso e delle sicurezze economiche, ma lui decide comunque di giocarsi le sue carte. Se entro un anno non avesse ottenuto soddisfazioni nella musica, allora si sarebbe accontentato della banca. Tenta quindi il tutto per tutto, pur di inseguire il suo sogno. Oltre a continuare a suonare, inizia a esibirsi spesso insieme a Venditti in alcuni spettacoli di cabaret organizzati da Marcello Casco. Partecipa inoltre a diverse rappresentazioni teatrali, recitando poemi di Majakovskij e interpretando personaggi come Estragone in Aspettando Godot di Samuel Beckett e la Volpe nel Pinocchio di Carmelo Bene. Questa sua teatralità e presenza scenica comincia a metterla in pratica fra i vicoli di Trastevere, improvvisando in bar e osterie delle jam session estemporanee dove lui, con la sua verve scanzonata e provocatoria, risulta il trascinatore delle serate.

L’ingresso alla IT

Nel mentre, appena ha dei momenti liberi, torna ogni tanto a Crotone dai cugini e per godersi un po’ di mare. È di ritorno da una di queste mini-vacanze che, in autostop con la sua chitarra, incontra Lucio Dalla. Il cantautore bolognese al tempo stava lavorando alla casa discografica IT. Rino gli fa una buona impressione per la sua decisione e convinzione nel voler ottenere ciò che voleva, e Dalla lo presenta quindi al team di Vincenzo Micocci.

Rino si propone sotto lo pseudonimo Kammamuri’s, in omaggio a un personaggio dei Pirati della Malesia di Emilio Salgari. Da un altro personaggio tratto dal romanziere italiano prende il nome del suo primo primo 45 giri, I love you Maryanna, che gioca sul nome della nonna calabrese, sulla celebrazione degli ideali rivoluzionari della Francia e sull’allusione alla foglia a sette punte. Un singolo in italiano misto ad un inglese maccheronico, allegro e ricco di contaminazioni della musica beat estera.

Il singolo successivo è Tu, forse non essenzialmente tu, che parla dell’inutilità irreversibile del tempo e dell’amicizia inteso come sentimento profondo, che trascende dal bisogno personale dell’amore, come indica il titolo. Con una notte confidenzialmente blu fa la sua comparsa il colore associato ai temi della ricerca personale e della malinconia, che costituirà uno sfondo ricorrente nella successiva narrazione gaetaniana, anche in chiave accusatoria alla classe nobile e al loro rettiliano sangue blu.

Rino Gaetano sorridente

Autore o cantante?

Incuriosito dai suoi brani, Nicola di Bari, che aveva già una carriera avviata e di discreto successo, ottiene la sua penna per tre brani. Uno di questi, Ad esempio a me piace il Sud, viene portato dal cantante pugliese a Canzonissima, ma arriva ultimo. Però se andiamo a veder bene, gran parte dei brani che sono arrivati in basso alle manifestazioni canore italiane, avrà poi fortuna nell’immediato successivo. Basti pensare a Vita Spericolata di Vasco Rossi, Un’Avventura di Lucio Battisti a Sanremo o Donne di Zucchero. Però Rino questo ancora non lo sa, e rimane mezzo deluso da questo insuccesso. Lui che non si considerava un cantante, ma un autore. Questo voleva significare che non era un autore valido? E se invece su quel palco ci fosse stato lui e non Nicola di Bari?

Ingresso Libero e i primi successi

Nel 1974 pubblica il primo album come Rino Gaetano, e lo chiama Ingresso Libero, titolo che allude all’entrata di Gaetano nel mondo della musica. Nonostante il modesto successo iniziale, Rino è soddisfatto e continua a provare e ad incidere nella sala prove della IT.

Da qui salterà fuori il riff di Ma il cielo è sempre più blu, col piano di Arturo Stalteri, che urla all’Italia ciò che lui ha vissuto, ciò che vive e che vede quotidianamente. Un lungo elenco di tutto ciò che è il mondo dal suo punto di vista, tra sfighe e insuccessi vari, e nel frattempo questo cielo che non guarda in faccia nessuno e, col passare degli eventi, diventa sempre più blu. Il canto è urlato proprio per sputar fuori dal corpo tutte queste scorie, è un invito a liberarsi dai problemi, soprattutto in pieno periodo di tensione sociale in Italia. Questo brano è subito chiaro che diventerà un inno transgenerazionale, senza barriere tra ascoltatori colti o ignoranti, senza tempo, ed è la sua rampa di lancio verso il successo.

Il debutto sul piccolo schermo

Rino inizia le sue comparse in TV. Memorabile quella dove si presenta con un cocker sulle gambe, per presentare il secondo album Mio fratello è figlio unico dove fa il parallelismo con la solitudine dei cani, e canta Berta Filava giocando con il cane e con una pallina da tennis. Berta Filava, brano ostinato che trae il titolo da un modo di dire che significa “dai tempi che furono”, prende in giro in chiave astutamente poetica i personaggi politici del compromesso storico.

Rino Gaetano con il cane mentre canta Berta Filava

«Vorrei ricordare un grosso personaggio che è nato a pochi passi da qui, è nato a Maglie. È uno dei più grossi calzaturieri. È uno che ha fatto le scarpe a tutta Italia». Il personaggio in questione era Aldo Moro.

Sempre lo stesso anno scrive inoltre, insieme a Bruno Franceschelli, la commedia Ad esempio a me piace… che ripropone in chiave tragicomica i problemi dell’incomunicabilità, dell’isolamento e dell’esclusione.

Il 1977 è l’anno della meravigliosa Aida. Il tema musicale di questa ballad, che inserisce la marcia trionfale dell’omonima opera verdiana, fa da contrasto con l’impersonificazione dell’Italia che rivive il ventesimo secolo sfogliandolo come un album di ricordi.

Lo spartiacque di Sanremo

L’anno dopo arriva a Sanremo, e qui Rino decide di stupire per davvero. A dispetto di molti suoi contemporanei, che etichettavano la manifestazione come puro specchietto per le allodole, il cantante accetta la nuova sfida. Credeva che con una canzone giusta si potesse sfruttare Sanremo per poter arrivare a più persone. Inizialmente voleva andarci con Nun te reggae più. Ma poi si convince che serviva un altro tipo di canzone, una canzonetta orecchiabile che diventi un in più rispetto alle sue produzioni più mature. Un brano che non fosse quindi troppo di protesta o dissacrante, e che magari non gli piacesse nemmeno poi così tanto, in modo da non avere aspettative ed esibirsi con più libertà. Ed è così che con frac, cilindro, medaglie, papillon e ukulele presenta il suo brano Gianna.

Rino Gaetano a Sanremo '78

Basta vedere i musicisti del complessino di accompagnamento per capire che è un brano unico. Un tiro incalzante, quel basso così ostinato e così anni 70, quella chitarrina mezzo caraibica che occupa le frequenze alte. Una filastrocca non-sense, dove le parole sono messe lì perché suonano bene, sposandosi con il concetto di destrutturazione del testo. Un brano leggero e senza fronzoli, che coinvolge e fa sorridere e ballare, con i Pandemonium che si improvvisano coristi e che fanno i trenini per il palco, rompendo gli schemi austeri della tradizione del Festival dei fiori. Fu inoltre la prima volta che venne pronunciata la parola “Sesso” al festival.

Un tiro travolgente

La canzone è irresistibilmente azzeccata, basta vedere le reazioni delle persone a quaranta e passa anni di distanza ogni volta che la si sente in giro o la si suona a un botellón. Chiunque la canta a squarciagola e se la gode al massimo, perché nella sua semplicità è gioia pura di vivere, di fare l’amore, di ridere insieme. La canzone, oltre ogni aspettativa, arriva al terzo posto finale dietro alle splendide E dirsi ciao dei Matia Bazar e Un’emozione da poco di Anna Oxa (era un’epoca di canzoncine da niente, insomma…) e vince la categoria Cantautori. Alla premiazione il cantante torna in canottiera e con l’asciugamanino della mamma al collo: come non si può amare uno del genere?

L’apice della carriera

Da Sanremo in poi è un’ascesa continua: le trasmissioni televisive se lo contendono, il tormentone sanremese viene inserito nell’album Nun te reggae più, ed è un grande successo. La title track è una parodia del reggae preso non come genere di protesta ma come pura moda del momento, e che rigira a modo suo protestando contro i potenti dell’epoca. E lo fa ponendosi ad un livello confidenziale come in pochi sanno fare (nella commedia italiana di fine ventesimo secolo probabilmente solo Benigni e Troisi si avvicinano). Riuscirà addirittura a cantarla di fronte a Maurizio Costanzo e Susanna Agnelli, tra i personaggi citati tra quelli che non reggeva più.
Sulla scia del successo Rino passa così nel 1979 alla casa madre della IT, la RCA di Ennio Melis, dove ritrova Dalla, Venditti e De Gregori e dove c’erano altri grossi calibri come Baglioni, Cocciante e Zero.

Rino Gaetano in Nuntereggae più

Rino in salsa ispanica

Con il salto di qualità di casa discografica può permettersi di andare a registrare anche all’estro: dapprima a Madrid, per incidere la versione spagnola di Nuntereggae più dal titolo Corta el rollo ya (“Dacci un taglio”), in cui cambia il testo inserendovi personaggi spagnoli della politica, dello spettacolo e dello sport; poi, addirittura a Miami e a Città del Messico, dove registra l’album Resta vile maschio dove vai, nel quale è contenuta la caliente Ahi Maria, con il quale apre alle sonorità e al mercato ibero-americano.

In quest’album ricordiamo la title track, con bellissimo testo di Mogol. Il brano parla di un uomo sinceramente dispiaciuto diviso tra l’amore per due donne, in cui alla fine invece che partire per le vacanze con una delle due viene paccato, e quelle altre due partono insieme senza di lui. L’album viene però accolto dalla critica come il preludio ad una svolta pop commerciale che spiazzò le aspettative. Era come se si fosse creata una contraddizione tra ciò che era lui e come erano le sue nuove canzoni. Come se uno non avesse il diritto di poter cambiare, di poter esplorare. Come se appena ti affibbiano un’etichetta tu non possa uscirne.

Gli ultimi anni

Era un periodo particolare tra il 1980 e il 1981, anno di E io ci sto, ultimo suo lavoro in studio. Un’attività live meno spontanea e più costruita e studiata nei minimi dettagli, un mondo dello spettacolo che si faceva più impegnativo, ma che Rino affrontava sempre con umiltà, mai con spocchia. Per avere un po’ più di vita privata fuori dai riflettori decide di sposarsi e di trasferirsi in una villetta fuori città.
Il primo giugno però, tornando da una serata, con la sua auto si schianta su un camion. Così, in quella stessa chiesa dove avrebbe dovuto sposarsi tre mesi dopo, si celebra il suo funerale.

Rino Gaetano bianco e nero

L’eredità di Rino Gaetano

Non ci interessano le dietrologie e i sospetti dietro la sua morte. Ci interessa la sua storia, una delle poche incarnazioni dell’uomo del popolo, partito dal basso, senza grosse possibilità economiche. Queste storie sono poche, e forse è proprio per questo che sono ancora più belle, non importa se sia una cosa giusta o meno che si abbiano o no possibilità di partenza. Un ragazzo amato, allegro e genuino, che sorrideva con gli occhi e faceva sorridere, che girava nel Sud Italia in autostop facendo il busker. Un ragazzo spontaneo, che non aveva bisogno di scrivere testi impegnati o canzoni complesse per arrivare ai cuori della gente. Uno capace di accomunare, promotore della socialità e dello stare insieme, che con le sue canzoni ha saputo trasmettere le più disparate emozioni del genere umano.

Dalla coralità di E cantava le canzoni, al fischietto di Spendi spandi effendi, alle lacrime che fanno capolino ascoltando A mano a mano (testo di Cocciante). Canzoni che colpiscono per la loro semplicità armonica, che fanno sentire ogni musicista provetto che inizia a strimpellare capace di poterle riprodurre. E i testi intuitivi, per tutti, che trattano di temi cruciali e spinosi. Dall’amore come mero pretesto in Sfiorivano le viole, alla questione del suo Sud in Cogli la mia rosa d’amore. Dall’accusa al mondo politico in Ti ti ti ti, al puro nonsense di Glu Glu e Sto Colma. Per non parlare della varietà dei ritmi e delle melodie: dal ritmo stile valzer di Rosita alla tarantella barocca di La zappa, il tridente…. E ancora, dal ritmo funky di Rare tracce, al rock-jazz aggressivo di Al bar dello sport suonata con i Perigeo, fino a quello brioso e che mischia beat a barocco in Sei ottavi.

L’italianità per Rino

In tutte le sue canzoni, poi, a prescindere da ritmo, tematiche o emozioni, la cosa che colpisce di più è l’italianità delle canzoni. L’italianità genuina, buona, che traspare al primo ascolto. Un’italianità anche e soprattutto musicale, che prende in giro il patriottismo fanatico, la classe dirigente, l’amore e numerosi altri temi di dibattito. Che viene da una cultura popolare che non si autoesalta o lascia trasparire snobismo, e lo riesce a rappresentare in chiave simpatica e coinvolgente, pur rimanendo tremendamente seria e attuale.

La musica di questo artista rimarrà sempre attuale e sempre fresca e giovanile, adatta a tutti. E, per chi volesse prendere la strada del mondo della musica, Rino Gaetano non può che essere considerato un esempio di stile e di genuinità, di spontaneità dell’uomo qualunque che non ha bisogno di artifici tecnici per migliorare la propria voce o avventurarsi in brani ultra complessi.

About Nicola Fois

Studente di Comunicazione. Appassionato di lingue, sport, musica e di tutta la letteratura riguardante questi temi

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