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La relazione tra uomo e macchina, secondo Civiltà cattolica

L’avvento della robotica e del digitale, tra opportunità e pericoli, secondo “La Civiltà Cattolica”

Gunther Anders, discepolo di Heidegger, definiva l’uomo antiquato, obsoleto. L’avvento della tecnica ha permesso di svolgere ogni compito molto meglio di quanto lo facesse un umano. Con il digitale si ripropone un interrogativo vecchio con risvolti inediti. Fino a che punto il transumanesimo o postumanesimo permette alla tecnica di modificare la natura dell’uomo? Quali i punti di forza e quali ‘controindicazioni’. Questi sono i quesiti che si pone Giovanni Cucci, nell’articolo “Uomo e macchina: una relazione inedita”. L’articolo verrà pubblicato a breve su La Civiltà Cattolica. L’autore gesuita è docente di filosofia e psicologia all’Università Gregoriana di Roma e scrittore.

Giovanni Cucci

“La polarità che aveva caratterizzato l’era industriale – homo sapiens/homo faber – sarebbe sostituita da una più radicale polarità, tra homo e cyber. Uomo e macchina giungono ad avvicinarsi sempre più, fino a fondersi in un essere ibrido o a porre in atto nuovi tipi di unioni, capaci di superare i limiti posti dall’altro/a”, scrive Cucci.

Le opportunità

Fra le molteplici opportunità offerte dalla rivoluzione digitale, si prospetta che le macchine “possano offrire anche un supporto terapeutico, venendo in aiuto alle ataviche difficoltà di comunicazione e relazione dell’essere umano. La consapevolezza di avere a che fare con una macchina priva di emozioni può costituire un vantaggio non secondario, capace di vincere possibili resistenze e chiusure. È il motivo alla base del successo di molte proposte di programmi di psicoterapia informatica”.

L’assenza di giudizio consente di rivelare anche gli aspetti più dolorosi e negativi di sé. E’ questo ad esempio il caso dei pazienti di un centro per alcolisti. Intervistati tramite un computer tendevano a riferire un consumo di alcool del 30% superiore a quello riferito dai pazienti intervistati vis-à-vis. Anche i problemi sessuali sono più facili da raccontare a un computer piuttosto che a uno psichiatra. Negli Usa e in Giappone hanno già fatto la loro comparsa i domestici elettronici. Questi sono in perfettamente in grado di fornire l’opportunità di tenere compagnia agli anziani (e non solo) provvedendo a ogni loro necessità. “Essi sono sempre disponibili ed efficienti, non conoscono le instabilità di umore e i capricci degli umani, sanno essere fedeli, sono obbedienti e non invecchiano; mantengono inalterati canoni di bellezza e armonia tecnicamente perfetti, che invece uomini e donne vedono inesorabilmente sfuggire”.

Alcuni, osserva Cucci, “ipotizzano che ben presto i robot potranno essere un aiuto importante per sopperire alle insoddisfazioni affettive e sessuali di uomini e donne frustrati a motivo della solitudine, delle inibizioni o delle troppe delusioni”.

I rischi correlati

Delegare a un robot l’ambito delle relazioni “può tuttavia risultare molto rischioso. Prima di tutto per chi, come i bambini, necessita della dimensione calda dell’attaccamento, propria della corporeità”. La psicologa Sherry Turkle, studiando l’interazione con gli ultimi ritrovati tecnologici, invita a un bilancio critico. Questa operazione deve essere rispettosa della complessità, capace soprattutto di ricomprendere possibili vantaggi e costi di tali innovazioni, specie per i più piccoli.

Sherry Turkle

La psicologa prosegue: “L’attaccamento dei bambini fa capire non solo ciò che offrono i robot, ma anche ciò che manca ai bambini. In questo studio sembra che a molti manchi ciò di cui più hanno bisogno: genitori che si occupino di loro, e la sensazione di essere importanti. I bambini immaginano macchine sociali come supplementi di coloro che mancano nella loro vita; a volte quando le macchine falliscono, è il momento di riconsiderare le perdite passate. Ciò che chiediamo ai robot ci indica ciò di cui abbiamo bisogno”.

Ma qual è il prezzo da pagare? Per la Turkle il rischio è quello di rinunciare alla complessità, un aspetto essenziale della vita, espressione della dimensione più vera e profonda di sé, in favore dell’immediatezza delle nuove tecnologie offerte dal mondo digitale. “Per non soffrire, ci si imprigiona in una tranquillità artificiale, senza mai mettersi in discussione. Sentirsi bene non è la misura di tutte le cose: ci si può sentire bene per motivi sbagliati. E se un compagno robot ci facesse sentire bene, ma togliendoci qualcosa?”. E ancora: “Quale tipo di relazione con le macchine è possibile, auspicabile o etico? Avere una relazione d’amore significa assaporare le sorprese e le difficoltà nel guardare il mondo dalla prospettiva di un’altra persona, plasmata da storia, biologia, traumi e gioie. I computer e i robot non hanno queste esperienze da condividere”.

About Giovanni Podda

Nato a Cagliari il 14/10/95. Studente di Scienze della Comunicazione e aspirante giornalista. Amante di libri, sport e tutto ciò che ha a che fare con la tecnologia. Musica? Tutto tranne la Trap.

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