L’8 Giugno sarà la Giornata Mondiale degli Oceani e Carvico, insieme ad Healthy Seas, Ghost Fishing e alla Cousteau Divers, ha scelto di celebrare questo giorno con un evento mondiale: un reportage dai fondali dell’Isola di Santorini per capire cosa significa davvero inquinamento.
640.000 tonnellate di reti da pesca abbandonate negli oceani, quasi 12 milioni di tonnellate di plastica gettate in mare ogni anno. Di questo passo è facile immaginare che, molto presto, i nostri mari conterranno più spazzatura che pesci. Il problema è serio, sentito da molti e in particolar modo da chi, sensibile al tema dell’inquinamento, ne sente la responsabilità e vuole provare a fare qualcosa di concreto per migliorare la situazione. È il caso di Carvico SpA, azienda tessile italiana specializzata nella produzione di tessuti tecnici per l’abbigliamento beachwear, sportswear e outerwear, che da sempre attua politiche ambientali volte a salvaguardare il benessere dei propri collaboratori, delle comunità territoriali e dell’ecosistema globale, attraverso concreti progetti di sostenibilità ambientale. Dotata di un impianto di pre-trattamento delle acque reflue e di un impianto di co-generazione energetica, Carvico è stata tre le prime aziende nel mondo ad aderire al protocollo di Kyoto nel 2005, ed è da sempre fortemente impegnata sui temi ambientali.
Questo impegno passa anche attraverso la scelta di materie prime riciclate. Sono molti i brand che scelgono gli ecotessuti di Carvico per produrre le proprie collezioni. L’azienda bergamasca è oggi un punto di riferimento per il settore nella produzione di tessuti che utilizzano materie prime derivanti dalle reti da pesca e da materiali di scarto pre e post consumers di origine poliammidica, oltre che materie prime di base poliestere riciclato dalle bottiglie di plastica (PET).
Carvico (insieme a Jersey Lomellina SpA – altra azienda del Gruppo Carvico n.d.r.) detiene dal 2013 l’esclusività del filo Econyl® – filo di poliammide 100% rigenerato da materiali di scarto pre e post consumer tra cui anche le reti da pesca ormai giunte a fine vita – per la realizzazione di tessuti destinati alla confezione di costumi da bagno. Dal 2016, coerentemente con la mission aziendale, è tra gli stakeholder di Healthy Seas – a Journey from waste to wear, ONG che si occupa di recuperare sui fondali degli oceani le reti da pesca abbandonate (un tempo fatte di materiale riciclabile – canapa e cotone – ma oggi prodotte in materiali sintetici come nylon, polipropilene e poliestere), vere trappole mortali per flora e fauna marina, per farle entrare in un circolo virtuoso di recupero e rigenerazione dei rifiuti e dar vita a nuovi prodotti tessili riciclati.