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Cna: effetti della pandemia sul sistema delle Pmi Sarde

Il Covid 19 ha creato dei cambiamenti sul sistema delle piccole e medie imprese: la CNA realizza un indagine

Secondo la CNA 65% degli artigiani sardi è molto preoccupato per questa crisi, solo una piccola percentuale (2,1%) guarda al futuro con ottimismo. Le imprese sarde giudicano poco chiare e di difficile applicazione le misure di distanziamento sociale imposte dal Governo (pur necessarie ed efficaci) e reputano gli interventi a favore dell’economia insufficienti. Il 47% condivide comunque la scelta di ripartire con gradualità

I dati percentuali del CNA

Il 71,1% delle imprese isolane ha interrotto l’attività dopo il 23 marzo. Il 72,4% delle imprese con dipendenti ha chiesto ammortizzatori sociali (59,5% per sospensione a zero ore), in particolare nel manifatturiero. Moda (50,0%), produzione (72,7%), legno e arredo (86,4%), servizi per la persona (100%). Il 51,3% delle pmi sarde rischia una importante perdita di clienti
Le maggiori perdite di fatturato sono previste dalle imprese turistiche (-70/80% in un anno). Nella moda si teme un calo del -50%. Il 50,8% delle imprese si è dotato dei dispositivi e delle misure di sicurezza imposte dal Governo per riprendere l’attività. Il 25,9% non si sta ancora adeguando, il restante 23,4% non sa come procedere. Solo l’8,7% delle imprese ritiene che l’economia debba ripartire immediatamente  di fronte ad una nuova ondata.

Ripartenza condivisa

L’emergenza Covid sta lasciando strascichi drammatici sul tessuto economico sardo. Il 65% degli artigiani sardi è estremamente preoccupato e soltanto una piccola percentuale (il 2,1%) guarda al futuro con un po’ di ottimismo. Le imprese sarde giudicano poco chiare e di difficile applicazione le misure di distanziamento sociale imposte dal Governo e reputano gli interventi a favore dell’economia insufficienti ad arginare la portata della crisi in corso. Nonostante le criticità, il mondo delle piccole e medie imprese sarde condivide comunque la scelta di una ripartenza graduale prevista dalla cosiddetta Fase 2 dell’emergenza. Solo l’8,7% avrebbe voluto ripartire immediatamente, anche a costo di una nuova ondata di contagi. Quasi la metà degli imprenditori (oltre il 47%) ritiene invece che si debba ripartire con gradualità e seguendo una programmazione comunicata preventivamente e con chiarezza. 

L’indagine della Cna

Dall’indagine della Cna emerge che il 71,1% delle imprese isolane ha sospeso completamente l’attività dopo il 23 marzo mentre la restante quota ha potuto continuare ad operare o perché inclusa nel novero dei settori di “utilità essenziale” (22,3%), o perché ha fatto comunicazione al Prefetto (in questa fattispecie, pari 1,9%, rientrano le imprese che operano nelle filiere dei settori di utilità essenziale) o perché si è organizzata tramite le consegne a domicilio (4,7%). Giudizio sulle misure a favore delle imprese e l’economia.  Gli artigiani sardi sono critici anche sulle modalità scelte dal governo per arginare il crescente disagio economico e sociale connesso alla chiusura dell’economia. In particolare, con i provvedimenti volti a favorire il mantenimento dell’occupazione nel periodo di lock down e a contrastare la carenza di liquidità (moratoria sui finanziamenti, credito agevolato, sospensione dei versamenti fiscali e contributivi).

Gli ammortizzatori sociali

Gli ammortizzatori sociali sono stati lo strumento utilizzato in maggior misura dalle imprese (72,4%), una impresa su due ha presentato domanda per ottenere credito aggiuntivo e il 35,1% ha chiesto la moratoria sui finanziamenti. Solo il 42,3% ha potuto avvalersi della sospensione dei versamenti fiscali e contributivi.
In particolare, la richiesta di ammortizzatori sociali ha riguardato complessivamente il 72,4% delle imprese con dipendenti (nel 59,5% per sospensione a zero ore) ed è risultata particolarmente accentuata nei settori manifatturieri nei quali il lock down ha comportato una brusca interruzione dell’attività: la moda (50,0%), la produzione (72,7%), il legno e arredo (86,4%), i servizi per la persona (100%). In tutti questi settori le richieste di sospensione a zero ore superano abbondantemente i cinquanta punti percentuali. Di contro, una richiesta di ammortizzatori sociali meno accentuata, ma comunque rilevante, è giunta dalle imprese che operano nei cosiddetti settori di “utilità essenziale” che hanno continuato ad operare (servizi alle imprese e trasporti/logistica). Da notare che nell’attesa che i lavoratori ricevessero la cassa integrazione il 14% delle aziende ha anticipato l’importo.

Le prospettive

Venendo alla Fase 2 iniziata lo scorso 4 maggio, il 50,8% delle imprese sarde ha dichiarato di essersi dotato dei dispositivi e delle misure imposte dal Governo per riprendere l’attività e prevenire rischi per dipendenti e clientela (distanziamento tra le persone, utilizzo di dispositivi di protezione individuale, misure di igienizzazione, controlli salute etc). Il 25,9% non sta ancora adeguando l’attività alle nuove disposizioni e la restante parte (il 23,4%) non sa esattamente come procedere. Le imprese che si dichiarano più avanti nell’adozione delle misure di sicurezza, operano soprattutto nei settori che hanno subìto meno il lock down (alimentari e bevande, trasporto e logistica e servizi per le imprese). Più in ritardo quelle che operano nei settori in cui è più frequente il contatto con i clienti finali e per i quali resta ancora incerta la data di riapertura (filiera del turismo e servizi per la persona). 

La convivenza con il virus

L’impatto delle misure di sicurezza. Nel tessuto economico isolano vi è però la consapevolezza che nei prossimi mesi, nei quali dovremo convivere con il virus, i ritmi di attività registreranno forti diminuzioni determinate in molti casi proprio dalle nuove misure di sicurezza. Soltanto per il 13,7% delle imprese queste misure non avranno alcun impatto. Per il restante 85,3% esse invece determineranno un peggioramento dei risultati aziendali, dovuto nel 34% dei casi ai maggiori costi di gestione e nel 52,3% dei casi alla riduzione dell’attività. Per tutti settori l’adozione delle nuove norme impatterà fortemente sull’attività delle imprese. Gli effetti negativi più rilevanti sono però attesi dalle imprese che operano a stretto contatto con la clientela finale: il turismo (100%) e i servizi per la persona (89,9%). 

Il calo dei clienti

Fatta eccezione per il solo comparto dell’alimentare tutti i settori saranno penalizzati soprattutto dal rallentamento e dalla riduzione dell’attività. Questo dato riflette in parte l’impatto che il lock down ha avuto sui rapporti che le imprese avevano con la clientela prima dell’emergenza. Solo il 18,8% delle imprese dichiara di non avere perso clienti a causa dell’emergenza. Il 23,4% ha invece registrato già una riduzione del numero di clienti. Il 51,3% potrebbe subire una erosione del portafoglio clienti se l’economia non dovesse ripartire a ritmi adeguati e in tempi brevi. Il rischio di perdere clienti è trasversale a tutti i settori, anche a quelle rimaste aperte (vedi alimentari) che probabilmente si sono dovute confrontare con il calo dei consumi al dettaglio. Nei settori manifatturieri è avvertito soprattutto dalle imprese della moda, nei servizi da quelle che operano nelle attività turistiche.

Il calo del fatturato

Aumento dei costi, riduzione dell’attività e perdita dei clienti sono solo alcuni elementi che impatteranno sul fatturato 2020. È una perdita attesa assai rilevante, considerato che il lock down dovrebbe durare complessivamente sei settimane, che incorpora evidentemente le difficoltà emerse prima della sospensione delle attività economiche, la lentezza con cui l’economia italiana e quella globale potrebbero ripartire, il timore di una eventuale successiva ondata di contagi.  Le perdite maggiori sono previste dalle imprese che operano nella filiera del turismo dove il fatturato potrebbe diminuire del 70/80% in un anno.
Il secondo settore per perdite attese (-50%) è la moda. Il lock down ha determinato la cancellazione della presentazione delle nuove collezioni oltre che il crollo della domanda, sia interna che estera. Infine, a completare il podio dei settori in maggiore difficoltà vi sono, quasi appaiati, il commercio, i servizi per la persona.

About Angela Farris

Sono Angela Farris, nata a Nuoro, diplomata nel 2015 presso l'istituto tecnico L.Oggiano di Siniscola e attualmente sono laureanda in beni Culturali e Spettacolo

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