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Giganti della tecnologia e coronavirus

Come i giganti della tecnologia hanno reagito all’emergenza covid-19

Come hanno reagito i giganti della tecnologia all’emergenza? Netflix da re della clausura potrebbe ritrovarsi a rifare i conti con le solite incognite. Amazon, in apparenza l’asso pigliatutto del commercio, sta spendendo miliardi per sicurezza e distribuzione. Google e Facebook sperano che il peggio sia passato, ma dipendono dagli umori (al momento non proprio gioviali) degli inserzionisti. È vero che i giganti della tecnologia hanno tenuto molto meglio di altri all’emergenza Covid​.Ma nel medio periodo non sono immuni. Molti hanno offerto delle previsioni vaghe per i prossimi trimestri o non le hanno indicate affatto. Nei “fattori di rischio”, l’elenco – spesso di circostanza – che i gruppi sono tenuti a inoltrare alla Sec, adesso non ci sono solo concorrenza, risposta degli utenti e disastri naturali: è spuntata anche “la pandemia”.

Apple: tempi fortunati con l’incognita iPhone

Nelle sue trimestrali, Apple affianca spesso toni entusiastici e numeri abbottonati. Ha rinunciato ai primi e ha serrato i secondi. Il fatturato è stato di 58,3 miliardi di dollari, con un incremento dell’1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. “Nonostante l’impatto globale senza precedenti del Covid-19 – ha spiegato il ceo Tim Cook – siamo fieri di riportare che Apple è cresciuta”. L’impatto si è fatto sentire “nelle ultime settimane del trimestre” e ha continuato a pesare per tutto aprile. Apple è stata quindi colpita. Ma si può dire fortunata: l’epidemia è esplosa in una stagione debole per l’hardware. Adesso però c’è da rimettere in moto la produzione per i nuovi iPhone che arriveranno in autunno. Il prolungarsi di un quadro avverso potrebbe fare danni ben maggiori, anche perché nel 2020 gli smartphone della Mela sono chiamati a un forte rinnovo dopo un paio d’anni di transizione.

Amazon, epidemia quanto mi costi

Con i negozi chiusi e la paura del contagio, tutti compreranno da Amazon uno dei giganti della tecnologia . Non proprio. Il gruppo è stato, tra i grandi della tecnologia, il più penalizzato in borsa dopo la diffusione della trimestrale: -7,6%. Motivo: Jeff Bezos ha dovuto far fronte all’aumento delle richieste assumendo 175.000 persone. Ha aumentato le paghe orarie e speso per dispositivi di sicurezza e sanificazioni. Nel trimestre in corso, quindi, la compagnia prevede di spendere 4 miliardi di dollari per le misure anti-Covid. Di fatto, la cifra mangerà l’intero margine operativo del trimestre, atteso tra aprile e giungo a cavallo del pareggio. Nel secondo trimestre 2019, il risultato operativo era stato di 3,1 miliardi. “In circostanze normali – spiega il gruppo – ci saremmo attesi un utili operativo attorno ai 4 miliardi. Ma non siamo in circostanze normali”. Il peso dei costi si è già intravisto tra gennaio e marzo: se il fatturato è cresciuto del 26%, i costi operativi sono schizzati quasi del 30%. Quelli legati alla distribuzione fisica sono aumentati di un terzo abbondante.Amazon ha spiegato di aver “adattato numerosi aspetti di logistica, trasporti, acquisti e rivenditori terzi”. Le vendite resteranno forti, ma non è escluso un rallentamento: la società stima incassi tra i 75 e gli 81 miliardi di dollari, che equivarrebbe a un progresso compreso tra il 18 e il 28%. Nel trimestre appena chiuso, la crescita è stata del 26%. Per confermarla, quindi, Amazon dovrebbe avvicinarsi alla fascia alta della sua previsione. In altre parole: se i nuovi costi sono certi, non lo è la capacità di tenere lo stesso ritmo di crescita. Anche perché il gruppo prevede di “continuare a essere influenzato da ritardi di approvvigionamento e spedizione, maggiore domanda di prodotti in determinate categorie e minore in altre”.

Alphabet, il peggio è passato?

Alphabet era un’osservata speciale. Si temeva che il mercato pubblicitario potesse impattare molto su chi campa di annunci. Il gruppo ha poi ammortizzato bene i costi, che sono cresciuti meno del fatturato, consentendo di ampliare i margini e aumentare l’utile. Big G ha confermato che, a marzo, c’è stato un “improvviso” calo del mercato pubblicitario. È diminuito, perché da una parte gli utenti sono stati molto attivi, dall’altra gli investitori hanno chiuso il portafogli. Fare previsioni è complicato. Lo ha detto chiaramente la cfo Ruth Porat. Niente stime, però. Solo qualche indizio. Nel corso di aprile, nella Search (cioè su Google) ci sono stati “segnali iniziali di un ritorno a un comportamento più commerciale degli utenti”. Non ci sarebbe stato, quindi, “ulteriore deterioramento” dei ricavi. Su Youtube, invece, “continua il declino” della pubblicità, anche se “è troppo presto per dire di più”.

Facebook, “incertezza senza precedenti”

Facebook, uno dei giganti della tecnologia, ha allontanato i timori con una trimestrale solida, nonostante il rallentamento di marzo. Il fatturato continua ha crescere e ha battuto le attese. L’utile è raddoppiato, anche grazie ai costi che hanno smesso di lievitare. A spingere il titolo ci hanno pensato gli utenti: sulle piattaforme del gruppo sfiorano ormai i 3 miliardi. Su Facebook, c’è stata un’accelerazione dei nuovi profili attivi ed è cresciuto (seppur di poco) il rapporto tra utenti quotidiani (Dau) e mensili (Mau). Vuol dire, in pratica, che gli iscritti – complice la clausura – sono stati più spesso sul social network. Una buona credenziale da spendere quando gli inserzionisti torneranno.Nel trimestre, infatti, c’è stata una “significativa riduzione della domanda di pubblicità”. Ma, come Google, anche Menlo Park ha notato una “stabilizzazione nelle prime tre settimane di aprile”. Tanto è bastato per quietare i timori, nonostante non manchino le ombre. Nelle prime settimane di questo secondo trimestre 2020, il fatturato anno su anno è stato piatto, mentre nel 2019 era aumentato del 17%. Resta quindi lo stesso problema di Alphabet: la forte esposizione al mercato pubblicitario. Neppure Facebook, quindi, ha diffuso previsioni per il trimestre in corso né per l’intero 2020. Colpa di una “incertezza senza precedenti”.

Microsoft in equilibrio

Microsoft somiglia sempre di più al suo amministratore delegato, Satya Nadella: basso profilo, pochi proclami, grande equilibrio. Ormai sembra una costante: nessuna reazione scomposta dei mercati nell’immediato dopo-trimestrale, ma crescita solida. I tre segmenti del bilancio producono fatturati simili e permettono quindi di non essere dipendenti da un solo mercato (come la pubblicità) o da un solo dispositivo (come l’iPhone). Ecco perché Microsoft è stata l’unica grande compagnia tecnologica ad essersi vantata di un “impatto minimo” del coronavirus. I dispositivi hanno retto. Linkedin e Bing (esposti al freno della pubblicità) hanno sofferto. Hanno invece beneficiato della clausura cloud, videogiochi, Windows, le soluzioni per la sicurezza e quelle per lo smart working. La pandemia ha “avuto e può continuare ad avere un impatto sulle nostre operazioni aziendali, inclusi dipendenti, clienti, partner e comunità”.

Netflix, un pieno potrebbe non bastare

Netflix, uno dei giganti della tecnologia, avrebbe fatto il pieno. E così è stato: 15,7 milioni di nuovi utenti, con un’accelerazione a marzo. Se le iscrizioni sono andate oltre le attese, così non è stato per il fatturato. È sì cresciuto (e tanto, +27%) ma è stato condizionato da prove gratuite e dollaro forte. C’è stato anche un altro effetto-Covid sulla società: lo stop alle produzioni ha permesso a Netflix di ritardare alcuni pagamenti, rendendo il flusso di cassa positivo. Netflix afferma che, “vista l’ampia libreria di titoli, potrebbe esserci un impatto minore sulla soddisfazione degli utenti rispetto alla concorrenza”. Tradotto: se ho centinaia di cose da vedere, non disdico l’abbonamento solo perché la serie che aspetto arriva in ritardo. Tuttavia, ammette la compagnia, non ci sono certezze: “Ci vorrà tempo per dirlo”. Secondo: il flusso di cassa positivo non è strutturale. Netflix ha ottenuto molto dalla clausura in termini di pubblico, ma le sue sfide restano probanti: le produzioni originali obbligano Netflix a un continuo rilancio. Non basta che guadagni: deve crescere a un ritmo molto alto, calibrando l’acquisizione di nuovi abbonati con i prezzi. Un circolo, da capire ancora se virtuoso o vizioso. Per il trimestre in corso, la piattaforma spera di conquistare 7,5 milioni di utenti.Ma è Netflix stessa a definirla, più che una stima, “una supposizione”. Anche in questo caso vale il solito mantra: troppa incertezza. Dipenderà dalla durata delle misure restrittive anti-Covid. Dopo la sbornia da clausura, quindi, la piattaforma si ritroverà a fare i conti con le solite insidie: forte concorrenza, indebitamento e necessità di correre.   

About Angela Farris

Sono Angela Farris, nata a Nuoro, diplomata nel 2015 presso l'istituto tecnico L.Oggiano di Siniscola e attualmente sono laureanda in beni Culturali e Spettacolo

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