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Voglio Farvi Piangere di Elio Turno Arthemalle a Cagliari

Viaggio nei labirinti della mente e del cuore con “Voglio Farvi Piangere” – una “tragedia artigianale” scritta, diretta e interpretata da Elio Turno Arthemalle e prodotta dal Teatro Impossibile

Appuntamento a teatro con Elio Turno Arthemalle. In cartellone sabato 16 marzo alle 21 al TsE di Is Mirrionis in via Quintino Sella a Cagliari per la Stagione di Teatro Senza Quartiere 2018-2019 organizzata dal Teatro del Segno e inserita nel progetto pluriennale “Teatro Senza Quartiere / per un quartiere senza teatro”.

La pièce racconta il male di vivere e l’alienazione della società contemporanea attraverso lo sguardo di un uomo disincantato e ormai consapevole del proprio fallimento e della fine delle sue ambizioni e dei sogni d’artista in un mondo insensibile alla bellezza e affronta il tema della solitudine e della crisi della famiglia, con il coinvolgimento diretto del pubblico e la rottura della “quarta parete”. Il protagonista si rivolge direttamente agli spettatori per formulare un ultimo desolato appello – una provocazione intellettuale e artistica – quasi un simbolico “grido”, una richiesta d’auto, ovvero una sfida prima di scomparire nell’ombra e di cedere alla disperazione, rassegnandosi all’inevitabile destino – del resto, si sa, nemo propheta in patria.

Un’opera in nero intrisa d’umorismo e amarezza per un grottesco affresco della civiltà dell’apparire, in cui la chiave del successo non risiede nella bravura e neppure nel talento ma nell’abilità di sedurre le masse e conquistare e conservare la popolarità: raramente i due aspetti coincidono e l’artista deve suscitare simpatia, o almeno – come sembrerebbe emergere da una sorta di paradossale “auto da fé”, una (s)confessione in pubblico – destare pietà. Raffinato e poliedrico interprete, Elio Turno Arthemalle si affida al suo talento istrionico non disgiunto dall’innegabile e nota vis comica che qui declina nel grottesco, per dar voce a figure di emarginati, vittime in primis di antiche e nobili aspirazioni oltre che di un’esasperata sensibilità – ridotti in una condizione estrema quasi ai confini con la follia.

Un delirio razionale, quasi un inarrestabile flusso di coscienza, risolve l’enigma sull’identità del misterioso personaggio, un individuo borderline, una specie di disadattato, forse un clochard che lasciatosi alle spalle una ipoteticamente brillante carriera d’attore sembra ora affogare nel personale lutto per la sua stessa vita. Un oceano di lacrime che egli intende far versare agli ascoltatori con la dolorosa storia di un’esistenza precipitata nelle tenebre e nel nonsense, insieme alla folgorante consapevolezza che tutti camminiamo sull’orlo di un abisso e basta un istante di incertezza, un piede in fallo, per iniziare a scivolare pericolosamente verso il basso, senza riuscire più a rialzarsi.

Il protagonista travolge il pubblico con un fiume di parole, come uno sconosciuto avventore di un dramma pirandelliano, e lo spinge sull’arduo sentiero della riflessione filosofica, tra questioni etiche e interrogativi morali, mettendo l’accento su alcuni dei mali contemporanei – l’indifferenza e la mancanza di empatia – sintomi del progressivo declino dell’umanità. Il capriccioso affabulatore conduce il gioco sul filo della suspence, con continui cambi di registro e di direzione, dall’amichevole confidenza all’invettiva, scompigliando continuamente le carte fino all’ultimo inatteso coup de théâtre.

Un’intensa prova d’attore per uno spettacolo originale e coinvolgente, imperniato su un meccanismo metateatrale, dove l’artista mette in scena un suo improbabile alter ego, immagine speculare e tragicomica di un uomo disilluso ancora tenacemente attaccato alla vita, e perciò stesso disposto perfino a disfarsene per un atto dimostrativo, in una sorta di sacrificio di sé che riporta alle origini ancestrali del rito. “Voglio Farvi Piangere” non si esaurisce però in un’unica vicenda, prologo necessario per entrare in una dimensione surreale da periferia metropolitana, tra deserti sentimentali e egoismo esasperato, dove si intrecciano altre storie e nuovi drammi accadono dietro il muro del silenzio e della solitudine: fotografia di un malinconico presente con poche o forse nessuna speranza per il futuro.

Una pièce sorprendente, non canonica e irriverente in cui Elio Turno Arthemalle si mette metaforicamente a nudo davanti al pubblico, quasi sfidandolo a ricomporre il puzzle di un’anima infranta – o a indovinare il disegno complessivo dietro le molteplici maschere di un artista: un’opera insolita e paradigmatica, uno spettacolo senza rete adatto a spettatori amanti del teatro e un po’ temerari o anche semplicemente curiosi,  disposti ad avventurarsi “dietro le quinte” per cercare di carpire il segreto di un’esistenza sotto i riflettori – tra finzione e realtà.

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